di Gabriele Bonafede
Il Palermo di Baccaglini stecca la prima, ma non del tutto. Fare punti con una squadra che lotta per la Champions, se non per lo scudetto, era oggettivamente proibitivo in questo campionato. Un miglioramento sul piano del gioco e dell’agonismo rosanero c’è anche stato, con larghi tratti della partita Palermo – Roma dominata dai siciliani, per lo meno sul possesso palla, per quanto vinta dai capitolini per ben 3 a 0.
Va detto anche che la Roma di ieri non era irresistibile. Ma alla fine è un’altra sconfitta pesante al Barbera: nemmeno i tatuaggi di Baccaglini ci pottero.
Ma ciò che fa pensare non è tanto l’ennesima sconfitta, quanto l’ennesimo torto arbitrale persino in una partita che aveva un pronostico chiaramente sfavorevole al Palermo.
Non passano quattro minuti nella “prima” di Baccaglini che il calcio italiano dà il “benvenuto” al neo presidente italo-americano. Nestorovski s’invola in area su posizione molto defilata e calcia ugualmente, tentando la sorte. Il portiere romanista fa una papera, di quelle che evidentemente non capitano solo a Posavec, e la palla entra troppu bella nella porta giallorossa. Gol del Palermo!
Al quel punto, ci sono alcuni secondi nei quali il popolo rosanero esulta, con Nestorovski a festeggiare l’11mo gol in serie A in una giornata particolare: è il suo ventisettesimo compleanno. Sarebbe forse il gol più rapido di una nuova presidenza in tutta la storia del calcio italiano. E che gol! Probabilmente anche quello da posizione più angolata possibile, che non sia un tiro dal calcio d’angolo.
Ma il guardialinee Preti si decide a fare uno scherzo degno del suo cognome: alza la bandierina del fuorigioco dopo lunghi secondi di indecisione. Per carità, se il rosanero Aleesami avesse realmente toccato la palla, Nestorovski sarebbe stato in fuori gioco. L’ha toccata? No. Ma non era facile vederlo. Nel dubbio, Preti opta per lo scherzo: gol annullato in ritardo e decisione a favore del club che conta di più.
Un film già visto tante, troppe volte. Soprattutto nei confronti del Palermo, ma non solo. Perché?
Il sospetto è troppo forte per non tentare di chiarirlo a se stessi, magari con un pizzico di cattiveria o, se vogliamo, un paritario scherzare da preti.
Palermo, come Catania, Salerno, Lecce, Bari e altre grandi città (soprattutto del Mezzogiorno ma non solo), è una piazza del calcio con molti appassionati. Tifosi della propria squadra, certo, ma che sono anche il grande serbatoio di tifosi e di danaro per i cosiddetti “grandi club” “strisciati” della storia del calcio italiano: Juventus, Inter e Milan in primis.
Solo quando le squadre delle città di un certo peso salgono in serie A e poi anche in classifica nella massima serie, molti di questi “tifosi part time” passano a seguire i colori della propria “patria” calcistica. Tornare a seguire i colori di club metropolitani, che siano del Sud o meno, significa un grande movimento di denaro in maniera diretta e indiretta: dai gadget alle magliettine, dai biglietti allo stadio ai milioni di visualizzazioni per ogni pubblicità su internet e TV.
Insomma, si verifica uno spostamento di soldi gigantesco per ogni posizione conquistata in classifica dalle squadre di grandi città, a partire da quella con un seguito largo e diffuso nel mondo. Il Palermo è forse la più rappresentativa di questa categoria, non necessariamente confinata al meridione. Uno spostamento di entrate societarie che passa in poche settimane dalle “strisciate” (Juventus, Milan e Inter) al Palermo o altri club simili. La stessa cosa o quasi per le altre grandi piazze di un certo peso, che si giovano di forti entrate togliendole ai grandi club solo quando militano con ottimi risultati in massima serie, soprattutto nel calcio di oggi che non vive esclusivamente di biglietti da stadio.
E qui vien fuori la nota e “cattiva” frase di Andreotti: “quando si pensa male si fa peccato ma di solito ci si azzecca”. Come mai tanti errori arbitrali e quasi sempre a senso unico? Come mai tante volte nelle quali, nel dubbio, si preferisce affondare il Palermo o altri club con un seguito medio-grande? Come mai la cosa succedeva anche nei riguardi del Catania quando era in serie A? Fiorentina, Genoa e Bologna non vincono da tempi immemori il campionato anche quando lo avrebbero meritato? E l’Udinese? La stessa Roma non è stata per caso penalizzata troppe volte dagli “aiutini” ad altri, di tottesca o zemaniana memoria? Come mai non si mette la moviola in campo per lo meno per i casi più difficili?
Questi episodi di dubbio e conseguenti decisioni contro i club dal seguito consistente sono semplicemente innumerevoli. E così rimangono da decenni. Sembra insomma che ci sia una deferenza gratuita nei confronti dei “grandi club”. La cosa è stata dibattuta tante volte ed è un problema anche in Spagna, dove dominano incontrastate due squadre alle quali gli arbitri sembrano guardare con eccessiva deferenza persino a scala continentale: vedi il caso incredibile di Barcellona-Psg.
Per quanto riguarda il solo Palermo in particolare, ci sono stati interi campionati nei quali si sono verificati errori di valutazione in numero enorme. Da quelli più macroscopici ed evidenti (come la stagione 2010-2011 al quale ai rosanero vennero negati qualcosa come 25 penalty) a quelli meno visibili ma determinanti nel corso di una o più stagioni: grandi campioni come Dybala, Cavani e Vazquez sistematicamente mirati alle gambe, senza alcuna decisione a loro favore (sempre nel dubbio, per carità!); le ammonizioni che fioccavano (e continuano a fioccare) nei confronti di giocatori rosanero, laddove un intervento priciso ‘ntifico di altri è lasciato passare (è successo anche ieri in Palermo-Roma almeno 3-4 volte); gol veri annullati come quello di Morganella alla Sampdoria due stagioni fa, netto ed evidente, e quello di ieri; penalty contorti e curiosissimi concessi all’avversario e mai e poi mai al Palermo di turno, etc. etc. Ce n’è da scrivere un’intera enciclopedia. Sembrano discorsi frivoli, ma si tratta di grandi mazzate economiche.
Dati alla mano, si verificano cose che sembrano statisticamente impossibili come interi campionati senza (o quasi) un penalty a favore del Palermo e altre squadre (sempre le stesse), che abbiano un attacco forte o meno.
Il Palermo di questa stagione non è un gran che. D’accordo su questo. E Baccaglini ha preso una “bella” gatta a pelare. L’ambiente del calcio a Palermo ha grandi potenzialità, ma è difficile e deluso. Le difficoltà sono grandi. Ma se si vedono le cose nella somma delle piccole e grandi decisioni arbitrali, ovvero nel cosiddetto “lungo-termine” con un orizzonte di almeno un decennio, c’è la sensazione che le difficoltà in casa rosanero non siano riferibili solo al livello tecnico della squadra in questo o quel campionato. Bensì al sistematico gattopardismo autolesionista del calcio italiano. In questo Baccaglini fa bene a parlare di un nuovo approccio e di una nuova mentalità per il Made in Italy. Rivoluzionario.
Se l’orizzonte si amplia anche geograficamente i sospetti su un calcio gattopardesco aumentano. Non a caso, in serie A da qualche tempo vanno alla grande piccoli club che in passato erano eternamente tra i dilettanti e tuttora sono senza seguito o quasi persino in massima serie: stadi vuoti ma meno minacce per i club-gattopardi italiani dalla tendenza autolesionista.
Autolesionista? Esattamente. Andando avanti così, infatti, il calcio italiano non sembra fiorire. Tutt’altro. La discesa inesorabile la pagano anche i “grandi club”, la cosa è sotto gli occhi di tutti. Anche perché, uno scudetto a un “Leicester italiano” con grande recupero d’immagine e business per tutto il sistema-calcio nazionale, sembra ormai impossibile: in Italia si susseguono scudetti noiosamente vinti e stravinti sempre dalle stesse squadre.
L’ultima volta che in Italia vinse un club fuori dalla cerchia gattopardesca fu il lontano 1991 per merito della Sampdoria di Boskov e Vialli, prima ancora il Verona all’inizio degli anni ’80 e ancora prima il Cagliari di Riva nel 1970. Tre “scudetti-Leicester” (o quasi) in decenni nei quali i calciatori di oggi non erano nemmeno nati oppure erano bambini.
Qualche volta, ma si tratta comunque di molto tempo fa, è riuscito a vincerlo il Napoli e anche la Roma e la Lazio. Ma quelle tifoserie non sono e non saranno mai e poi mai “part time”. Un napoletano o un romano non si sognerebbe mai di sostenere una “strisciata”, nemmeno di nascosto, al massimo “a gemellaggio”, o per odio ai cugini. Invece a Palermo (e non solo) i “tifosi strisciati” arrivano persino in massa allo stadio Barbera, senza alcuna dignità campanilistica, posto che il Palermo sia “scarso”.
Insomma, il calcio italiano è chiaramente dominato da un numero di club-gattopardi che non hanno alcuna intenzione di far cambiare alcunché, grazie anche al comportamento ancora più autolesionista di tifosi “part time” che affollano varie piazze e stadi d’Italia, soprattutto nel Mezzogiorno come a Palermo.
E a cambiare tutto senza cambiare nulla, anche nello sport, vince sempre la stessa cosa: la noia. Spazzando sempre la stessa mattonella dell’oratorio. Preti o non preti.
In copertina: la Cirva Nord del Barbera accoglie il nuovo presidente Paul Baccaglini. Foto di Gabriele Bonafede
Foto di Gigi Riva nel testo tratta da wikipedia. Di Masahide Tomikoshi – Mario Pennacchia e il calcio degli anni settanta, in isbn-atlante70.tumblr.com., Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=566941
Gigi Riva, Cagliari 3-1 Verona at Caliari, 1971.10.3 Photo by Masahide Tomikoshi /.