di Gabriele Bonafede
Trasposizione quasi analogica dal racconto di Camilleri, Il casellante (regia di Giuseppe Dipasquale, in questi giorni al Teatro Biondo di Palermo) entusiasma il pubblico, e non solo per l’automatica deferenza a uno scrittore che diletta il mondo intero da anni.
Trasformato in musical siciliano, con il linguaggio camilleresco portato in teatro così com’è, e con una compagnia d’attori e musicanti comunicativi, Il casellante fa subito viaggiare nell’atmosfera dell’antica Vigata: quella degli anni ’40 in piena guerra, con lo sbarco americano che si avvicina giorno dopo giorno. È il mondo di una Sicilia d’epoca fascista, inesorabilmente povera e rassegnata tanto alla dittatura quanto alla mafia. Il suo odore, i suoi suoni, le sue canzoni e le sue parole emergono a calore già nei primi passi e nei primi fatti.
Nel musical, la canzone di gran lunga migliore (La crapa avi li corna, di Antonio Vasta) ottiene il giusto riconoscimento in un momento topico dello spettacolo. Trasformista, cantante e cantore, Moni Ovadia veleggia forte su più di un personaggio. Valeria Contadino e Mario Incudine ampliano gustosamente il già raffinato valore drammaturgico della pièce. Corroborati da magnifiche luci che sostengono a sguardo e scenografia, e da Sergio Seminara e Giampaolo Romania, insieme alle musiche dal vivo realizzate da Antonio Vasta e Antonio Putzu.
Musical e gioco, e poi musical e tragedia e infine favola compiuta, Il casellante a teatro propone vantaggi e svantaggi del trattare il testo nella maniera più aderente possibile al romanzo originale. Poteva esserci una ricerca maggiore nella trasposizione in palcoscenico? Forse sì, anche per rendere più corta la rappresentazione e quindi più facile ai più impazienti. Il dramma e la favola volano molto in alto nel finale, quasi come un premio dopo una preparazione lunga e laboriosa.
A volte sottovalutiamo l’attesa. Che invece è il miglior ingrediente per assaporare il caffè e la poesia della vita. L’attesa va preparata da se stessi, con le proprie mani: esattamente come la tazza di caffè di Eduardo al balcone.
“È meglio seguire le vere esperienze e non trascurare niente”, recitava Eduardo. Sul becco al balcone, poi, è sempre meglio mettere un coppitello di carta: “così l’aroma, il fumo denso del primo caffè che è il migliore, si mantiene bene dentro l’ambiente e lo prepara a ricevere la sostanza.” E questi fantasmi si sciolgono al potere della catarsi e della serenità.
Becco al balcone che è anche cornuto, come la capra. E come il gioco e il dramma, nelle possibili vie di realtà e racconto insieme, orrori e doni si riannodano in tempo di guerra come in pace. Così che, affondando le proprie radici in terra antica, il raccapriccio, la violenza, la truculenza e la follia possano persino tramutarsi in favola d’amore.
Sono cose antiche, cose preziose. Da gustare lentamente.
Il casellante
di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, dal romanzo di Andrea Camilleri (Sellerio Editore, Palermo), regia Giuseppe Dipasquale con Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine e con Sergio Seminara, Giampaolo Romania, musiche dal vivo con Antonio Vasta, Antonio Putzu, musiche originali di Mario Incudine con la collaborazione di Antonio Vasta, scene Giuseppe Dipasquale, costumi Elisa Savi, luci Gianni Grasso. La canzone La crapa avi li corna è di Antonio Vasta
produzione Promo Music – Corvino Produzioni, Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano, Comune di Caltanissetta
Le foto di scena, in copertina e nel testo, sono di Antonio Parrinello.