di Gabriele Bonafede
Verso mezzogiorno di cento anni fa, l’8 marzo del 1917, una grande folla di donne scese in piazza, o più precisamente nella Prospettiva Nevskij di Pietrogrado (oggi St. Petersburg) per protestare contro il governo zarista.
Le proteste erano iniziate con gli scioperi operai del giorno prima, ma fu l’8 marzo (il 23 febbraio nell’allora calendario russo) che le manifestazioni guadagnarono consenso, grazie proprio alla mobilitazione per la giornata della donna, allora istituita da pochi anni.
La folla aumentò considerevolmente anche a causa di un repentino rialzo della temperatura atmosferica, da circa -25 gradi celsius a -5. Sembrerebbe molto freddo a noi italiani, ma nel lungo inverno baltico si tratta di una situazione favorevole a uscire per strada, soprattutto se successivo a un freddo molto più intenso.
Le donne diedero storicamente l’avvio a quella che comunemente è chiamata Rivoluzione Russa, ma in realtà iniziarono la prima fase della rivoluzione e precisamente la “Rivoluzione di Febbraio”.
Cioè una sollevazione popolare che aveva ancora molte possibilità di sfociare in un abbattimento del governo autoritario e inefficiente dello zar Nicola II e al contempo alla creazione di una democrazia avanzata. Che prevedeva anche il voto alle donne, allora inesistente persino nella civile Gran Bretagna.
La giornata della donna e l’inizio della Rivoluzione Russa del febbraio 1917
Oggi in Italia sembra che questo fatto fondamentale sia stato quasi dimenticato. Nei quotidiani italiani c’è molto poco, di più troviamo in quotidiani stranieri. Ad esempio nel britannico The Guardian che ricorda la ricorrenza in un approfondito articolo.
Come si evince anche negli striscioni delle foto d’epoca, e come ricorda il Guardian, la rivolta si scatenò e prese piede soprattutto al fine di aumentare le misere razioni di guerra nelle retrovie: una rivolta essenzialmente per il pane in un durissimo periodo di guerra.
“Sfamare i bambini e i difensori della Madrepatria”, oppure, “Aumentare le razioni alle famiglie dei soldati, difensori della libertà e della pace dei popoli” si leggeva nei cartelli e negli striscioni di protesta, rigorosamente in cirillico.
Già nelle prime ore, la manifestazione avrebbe raccolto circa 50mila persone, per lo più donne. Ma nel pomeriggio le stime parlano di un incremento fino a 100mila, quando si unirono anche gli operai del quartiere industriale di Viborg posto aldilà del Ponte Liteny sopra la Neva.
Le ragioni della Rivoluzione di Febbraio furono molteplici e riassumibili in una rinnovata protesta contro la tirannia zarista, il potere assoluto, la mancanza di democrazia, la povertà e le gigantesche differenze sociali. Tutti questi fattori, già presenti e appena rintuzzati con una costituzione praticamente vacua concessa nella precedente rivoluzione del 1905, furono enormemente aggravati da una guerra folle e perdente. E cioè la guerra da parte dell’Impero Russo, alleato con Francia, Gran Bretagna, Italia e altre nazioni, contro Germania, Austria-Ungheria e i loro alleati, in quella che allora era chiamata Grande Guerra ed è oggi ricordata come Prima Guerra Mondiale.
Cosa ci ha insegnato la storia?
Fatti che sembrano lontani, ma che si avvicinano ogni giorno di più in un’Europa che si dà a partiti populisti e nazionalisti che propagandano gli interessi nazionali anche a costo di collisione e ultimatum commerciali contro i Paesi vicini. Sembra che la Storia non abbia insegnato nulla.
La quantità di opere storiche, letterarie, cinematografiche e artistiche in genere, sulla Rivoluzione Russa è enorme. La sua valenza storica è tanto grande quanto dibattuta. La Rivoluzione di Febbraio avrebbe potuto generare un sistema democratico in Russia (e in effetti nei primi mesi così fu in qualche modo, visti i tempi e la situazione sociale e bellica), ma sfociò pochi mesi dopo nella “Rivoluzione d’Ottobre”, più propriamente un colpo di stato bolscevico che instaurò la crudele dittatura dell’Unione Sovietica.
I bolscevichi consolidarono il potere comunista (o socialista) attraverso una spaventosa guerra civile che di fatto prolungò la tragedia russa per altri sei anni: fino al 1922, anche a causa di una incapacità degli anti-comunisti di vedere oltre il passato, ovvero di dare risposte futuribili agli innegabili e giganteschi problemi del periodo zarista che avrebbero voluto interamente o in gran parte restaurare “portando le lancette dell’orologio all’indietro”.
In Russia e nei Paesi limitrofi (alcuni dei quali come i Paesi Baltici, quelli del Caucaso e l’Ucraina conquistarono l’indipendenza per periodi più o meno lunghi), si aggiunsero dunque altri cinque anni alla già mostruosa guerra terminata nel 1918 per quasi tutte le nazioni belligeranti nella Prima Guerra Mondiale.
La Rivoluzione Russa sfocia dell’Unione Sovietica: quale emancipazione per la donna?
I comunisti consolidarono poi il potere assoluto stalinista (prima, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale), con una serie di misure spaventosamente liberticide e criminali, protraendo il governo dittatoriale per oltre settant’anni.
Ironia della sorte, in Unione Sovietica la donna spesso non ebbe emancipazione se non di facciata. Come solo di facciata si votava e solo di facciata si proteggeva l’ambiente. Basti pensare che non ci fu mai una donna a capo del partito comunista e quindi del governo sovietico. E nemmeno nella Russia post-sovietica c’è mai stato un presidente o un capo di governo donna.
Recentemente, alcune leggi hanno persino depenalizzato il maltrattamento fisico delle donne in famiglia. Ciò non ha impedito a molte donne russe di essere d’esempio e d’eroismo. Basti pensare che il giornalista che nel mondo è riconosciuto quale martire dell’informazione, assassinata per aver svolto pienamente il proprio mestiere d’informazione, è una giornalista russa: Anna Stepanovna Politkovskaja.
La Rivoluzione di Febbraio, partita con la giornata della donna di cento anni fa, sfociò dunque in una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità. Ma partì da una ricerca di libertà, prosperità, democrazia e ripudio della guerra che in pochi giorni riuscì ad abbattere una delle più longeve, potenti, autoritarie e ingiuste monarchie della storia.
Un giorno da ricordare
Quel giorno di cento anni fa va ricordato per questo: un giorno glorioso, partito dal mondo della donna, che ha realizzato una fragile, breve, eppure viva democrazia. Se non fosse stata travolta dalla violenza del bolscevismo e della situazione bellica, forse una Russia democratica avrebbe retto. E chissà cosa sarebbe cambiato nella storia dell’umanità.
In qualche modo, la storia russa e quella dell’umanità, gioca a ripetersi sia pure in circostanze e sviluppi diversi. Sta all’umanità cogliere le occasioni perché un grande movimento per un vero progresso democratico non si faccia condurre verso dittature e regimi liberticidi. Veri portatori di ulteriori guerre e miserie.
Immagine in copertina, donne e operai russi nella protesta dell’8 marzo 1917 che diede inizio alla Rivoluzione di Febbraio e alla Rivoluzione Russa. Tratta da Wikipedia: By Unknown – State museum of political history of Russia, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8781808 The Guardian attribuisce così la foto di copertina: Female protesters in Petrograd (now St Petersburg) on 8 March 1917. Photograph: Fototeca Storica Nazionale/Getty Images su https://www.theguardian.com/world/2017/mar/08/womens-protest-sparked-russian-revolution-international-womens-day
Foto nel testo sulla rivoluzione russa tratta da Wikipedia. La prima: By Jones, Stinton – http://www.archive.org/details/russiainrevolut00jone, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11008740, la seconda: By Unknown – http://rusarchives.ru/statehood/fevralskaja-revoljucija-vremennoe-pravitelstvo.shtml, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=29537702
Foto di Anna Politkovskaja tratta da Wikipedia. Di Blaues Sofa – Flickr: Anna Politkovskaja im Gespräch mit Christhard Läpple, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20526352