di Giovanni Rosciglione
In un non lontano passato ho contribuito al progetto della nascita del PD a Palermo, ma addossarmi oggi la colpa della mediocre riuscita dell’impresa sarebbe solo presuntuosa vanità.
Io non voterò Leoluca Orlando Sindaco e ritengo che l’invito a candidarsi nel centrosinistra e ora l’accettazione di formare una lista civica in suo appoggio siano stati un errore grave, che ha contraddetto la politica del PD e, in ogni caso, è stata l’ennesima, umiliante ammissione dell’annosa incapacità della sinistra palermitana a proporre il nome di un Sindaco, un Programma e una Coalizione capaci di rappresentare finalmente una svolta culturale e generazionale della città peggio amministrata d’Italia.
In ogni caso, ripeto.
Non è questione di simbolo o meno: la Sinistra in Italia e a Palermo si è presentata in ogni grado di elezioni rinunciando al proprio simbolo pur di costruire alleanze e progetti ritenuti utili ai suoi obiettivi politici e agli interessi del Paese. Da circa 70 anni. Dal Blocco del Popolo a “ricostruire Palermo” con Peppuccio Tornatore capolista.
Il Partito Democratico non dovrebbe avere bisogno assoluto del Simbolo. Non è una ditta, che deve fare una campagna pubblicitaria.
Ma – ricordo – è nato per governare e cambiare radicalmente la politica italiana e la fisionomia della sinistra. Ed è nato col contributo valido e convinto di tutte le aree storico-culturali che vi sono confluite.
I Democratici finalmente non dovrebbero più essere ex di nulla.
Il mio no ad appoggiare per il trentatreesimo anno “il Professore”, per quel poco che conto, non è dovuto all’assenza del simbolo e non è di natura personale verso un uomo che apprezzo per cultura e per le sue capacità politiche.
Ma è un no che vuole essere coerente con il PD, le sue basi culturali e programmatiche e con il suo leader Matteo Renzi, che ha saputo interpretarle con grande passione e sagacia.
I valori della sinistra riformista del 2017 sono fondati sulla efficienza della burocrazia, sul merito come motore per uno sviluppo che consenta di non lasciare indietro nessuno, sulla fine del familismo e del neofeudalesimo politico, sulla valorizzazione delle competenze, sull’esaltazione dell’innovazione e della responsabilità. Sfida la globalizzazione e fa parte da quando è nato dell’area del moderno socialismo europeo. Rifiuta ogni tipo di populismo e immagina la mobilità in politica, come condizione per la contendibilità del partito e come meccanismo favorevole all’ingresso di nuove generazioni.
Leoluca Orlando è – dichiaratamente e legittimamente – un Sindaco Arancione. E’ un politico di lungo corso, che ha giustamente approfittato della gracilità della società civile meridionale, e palermitana in particolare, per riproporsi sempre come unico interprete di un palermitanismo non incolto ma egualmente feudale e inefficiente.
Inefficiente, ripeto: ultimi in ogni graduatoria, i servizi peggiori e più cari di sempre, bilanci opachi. Il fumo negli occhi di una propaganda sudamericana, con lui saremo per altri 5 anni la capitale europea del nulla.
Insomma, da disinvolto Demitiano della Magna Grecia, a partire dagli anni novanta si è trasformato in un Leader autoreferenziale, pur non rinunciando mai alle vecchie relazioni con il mai scomparso corpaccione della Balena Bianca.
Sono tuttavia realista abbastanza per capire che la mia posizione – oggi – è fortemente minoritaria, quando non sterilmente elitaria.
Ma, in realtà, mi accontenterei di rappresentare e tenere vivo un bisogno evidente per un Partito come il PD che ha giuste ambizioni: formare e lanciare una nuova e preparata classe dirigente politica, all’interno del punto più generale di completare la nascita del nuovo partito con un’organizzazione territoriale e tematica moderna, ma non virtuale.
Ci sarà pure un giorno in cui, come in tutte le grandi città italiane, anche a Palermo potrà esserci un vero rinnovamento della politica.
E’ una delle cose importanti che il PD non ha ancora fatto. E’ urgente, soprattutto al Sud. Come si è potuto vedere dai risultati del Referendum dello scorso dicembre e dalle ridicole contese che stiamo vivendo in vista delle elezioni.
Infine, se qualcuno vorrà chiedersi se e come voterò a Palermo, faccio presente che lo farò certamente e, grazie all’attuale legge elettorale, potrò farlo senza in alcun modo contraddire le mie idee politiche.
In copertina, il Municipio di Palermo (Palazzo delle Aquile). Foto di Giusi Andolina.
A Palermo come nel resto del Paese esistono tanti rivoli di quelli che erano una volta le organizzazioni di sinistra. E sono talmente effimeri che spesso si nota solo la loro scomparsa.In tutto ciò il Partito Democratico che da tempo ormai non sa esprimere un proprio candidato sindaco al momento di elezioni cosa fa? Si accoda a colui o a coloro che gli da certe sicurezze e garanzie in termini di posti (non mi dite che non è cosi!), mettendosi a disposizione perfino del nemico del giorno prima ed accasandosi nella sua alcova, tanto anche se perde qualche compagno per strada poco importa. L’importante è salvaguardare tutta quella schiera che una volta si poteva chiamare classe dirigente e oggi diventata yes man per la propria incapacità decisionale ed organizzativa. Nel mentre una destra fintamente divisa, a prescindere da chi sarà il sindaco della città e di quell’area metropolitana della quale nessuno azzarda un cenno, una volta arrivata in consiglio comunale si ricompatterà e decideranno loro le sorti della quinta città d’Italia. Tanti auguri.