di Giovanni Rosciglione
C’è poco da scherzarci su.
Ci sono quelli che hanno pure la sfrontatezza di sottovalutare un premio alla cultura assegnato alla propria città, ma se guardate bene e non vi distraete camminando o, meglio, gymcanando sui suoi bizzarri marciapiedi, vi accorgerete che, Arabi, Normanni, Spagnoli e Francesi a parte, i segni della nostra cultura sono tanti e, purtroppo, spesso non visibili all’occhio del pedone.
Si tratta di quella che scientificamente si dovrebbe chiamare “sindrome scatologica cinofila”, ma altro non è che la cosiddetta “cacca di cane”.
Certo ogni giorno ci saranno cinque o seimila cittadini palermitani che rientrano a casa con le suole delle scarpe toccate dalla “sindrome”, qualche migliaio di puerpere che, in portineria, si accorgono che le ruote della carrozzina per bebè sono anch’esse sindromizzate e lo stesso vale per i trolley dei viaggiatori o gli zainetti scolastici.
Non pensiate che scherzi.
Nei secoli, la cacca o meglio la merda è entrata nella cultura dalla porta principale. Mangiarla, esporla, calpestarla, eiettarla, usarla come insulto è oggetto ed argomento della grande arte e della più alta cultura. Nella letteratura, nello spettacolo, nel cinema, nella filosofia e nella religione. Esempi?
Dante (Inferno canti XVIII e XXVIII), che in un lago di merda pone gli adulatori come Alessio Interminelli e la meretrice Taide e con il torace squarciato e le budella di fuori i seminatori di discordie.
Aristofane, Plauto, Rabelais, Swift e Sterne innumerevoli volte nella satira. Da ricordare Philip K. Dick nel suo “Confessioni di un artista di merda” e il nostro Paolo Villaggio nella sua autobiografia “Vita, morte e miracoli di un pezzo di merda”, o il Fantozzi “merdaccia”.
Daniele Luttazzi e Benigni, il primo in una puntata di Satyricon e il secondo, Premio Oscar, nell’inno del corpo sciolto. Marco Paolini e Dario Fo nel teatro. Anche Ionesco nella Cantatrice Calva e la sua cascata di cacate e Jarry in Pére Ubu.
Nel cinema, due per tutti, Mario Monicelli in Amici Miei con l’irresistibile “cacatella longa longa …” e Pier Paolo Pasolini nel Girone della Merda di Sodoma e Gomorra.
Nelle arti figurative grande fama ha la “Merda d’artista” di Piero Manzoni.
Nei poemi secenteschi non si dimentichi “Merdeide” di Tommaso Stigliani. Nella musica, il divino Mozart faceva spesso riferimento a quella materia nelle lettere che inviava alla cuginetta Basle.
Come rispose il generale napoleonico Cambronne agli inglesi che, dopo Waterloo, gli chiedevano di arrendersi? “Merde!”. E, per finire, nella Smorfia la Merda corrisponde al numero 71.
Mi pare che basti per rimettere a posto i pregiudizi sulla cacca di cane. Certamente è bastato ai giurati del premio in questione. State attenti a dove mettete i piedi, potreste danneggiare la cultura.
Agli scontenti, imodium.
Merde !
Un articolo che avrei voluto scrivere io 🙂