di Gabriele Bonafede
Da quando Trump ha preso possesso della Casa Bianca non c’è stato giorno in cui ha firmato controversi decreti spesso in conflitto con i principi basilari degli Stati Uniti d’America e i principali articoli della costituzione del Paese che guida grazie a un voto minoritario, pari al 46% dell’elettorato che ha espresso una preferenza nelle elezioni presidenziali del novembre scorso.
E non c’è stato giorno in cui la protesta si è fatta vedere in strada, nelle piazze e, adesso, anche negli aeroporti. Protesta d’altronde iniziata il giorno stesso della sua elezione.
Decine di rifugiati e persino impiegati in servizio per l’amministrazione USA in Iraq nella guerra contro l’ISIS, sono stati bloccati all’aeroporto JFK di New York.
Dopo il bando messo in atto da Trump contro l’arrivo di qualsiasi persona con passaporto di sette paesi afflitti dal terrore islamico e la guerra, c’è stato il caos e l’incertezza in molti aeroporti nel mondo. Il bando è rivolto a oltre 134 milioni di persone, ovvero la popolazione di Iraq, Syria, Iran, Libya, Somalia, Sudan e Yemen. Tutti Paesi dove Trump non ha interessi personali e da dove non ci sarebbe stato un solo cittadino che abbia commesso atti di terrorismo negli USA. Il bando ha fermato persino vecchietti disabili.
Da ieri viaggiano su twitter foto e notizie grazie all’hashtag #jfkterminal4 (da dove è tratta la foto di copertina), ovvero l’aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York, Terminal 4. Dalle foto circolate si notano centinaia di persone con cartelli “Refugees welcome”, e canti con “This is what democracy looks like” e “Let them in”. La protesta si è presto allargata ad altri aeroporti e zone del Paese.
La CNN ha lanciato un appello, sempre su twitter, che invita i cittadini americani a raccontare le loro difficoltà nel riunirsi con amici e parenti che provengono dai Paesi inclusi nel bando firmato ieri dal Presidente USA.
La rivolta è dilagata segnando un punto ancora più basso nel gradimento di Trump negli Stati Uniti e gli effetti del bando sono statti di fatto congelati, per lo meno in alcuni casi, dall’azione legale di ACLU, l’associazione di legali che si batte per i diritti civili.
Il bando infatti appare incostituzionale, come è visibile nella sua versione integrale. Il preambolo dell’ordine di Trump richiama i principi fondamentali della Costituzione ma poi li tradisce nella parte esecutiva. D’altronde, ha creato il caos per la sua inapplicabilità se si vogliono rispettare i principi della costituzione americana.
E la rivolta non si è fermata agli USA. Il Presidente del Canada, Justin Trudeau, ha lanciato un twitter in inglese e francese con l’hashtag #WelcomeToCanada che ha fatto il giro del mondo: “A chi fugge dalle persecuzioni dal terrore e dalla guerra, sappiate che i canadesi vi daranno il benvenuto, non importa quale sia la vostra fede. La diversità è la nostra forza #welcome to Canada”.
Diversi capi di governo del mondo libero, da Hollande alla Merkel, dal Messico alla Svezia, hanno condannato il bando di Trump. Persino la premier britannica Theresa May si è dichiarata in disaccordo a poche ore dall’incontro che avrebbe sancito una “relazione speciale” tra lei e Trump.
Gli amici di Trump di casa nostra, nel frattempo, non dicono nulla sulla situazione. Salvini rilancia la polemica sugli aiuti ai terremotati in italia, ignorando che proprio Trump avrebbe abbandonato migliaia di persone a se stesse di fronte alla prima emergenza negli USA dovuta al tempo atmosferico.