di Gabriele Bonafede
Se ci fossero ancora tanti giocatori cresciuti alla corte di Zamparini, il Palermo sarebbe da sogno. Qualche giorno fa è stato pubblicato su Mediagol un bell’articolo su un Palermo stellare quanto virtuale. Ovvero il Palermo che sarebbe potuto essere se Zamparini non avesse ceduto una quindicina e più di giocatori oggi ancora in attività e molto forti. Molti campioni, in tutti i ruoli, che avrebbero potuto essere schierati in diverse opzioni di formazioni, sia con una forte propensione all’attacco che con alcuni interditori per una formazione più difensiva. Ecco l’articolo di Mediagol dal titolo Se Zamparini non avesse venduto nessuno…
La notizia è stata pubblicata pure sulla Gazzetta dello Sport, grazie a GazzaNet, la collaborazione della “rosa” con altri media specializzati in diverse squadre, come appunto Mediagol, specializzato sul Palermo.
Adesso, il “Palermo Stellare”, approda persino alla popolarissima trasmissione francese di TF1 “Téléfoot”, praticamente la “Domenica Sportiva” francese. Qui il link Onze type : Si Palerme n’avait pas vendu ses meilleurs joueurs !
Giusta la critica a Zamparini: se non avesse venduto questi giocatori il Palermo di oggi sarebbe tutt’altra storia. Ma va anche detto che non era possibile che li tenesse. Per tante ragioni.
Innanzitutto, il monte ingaggi. Un Palermo così, che sicuramente avrebbe richiamato l’attenzione di grandi personaggi per allenarlo (e forse anche per comprarlo), presuppone un budget annuale di almeno 100-200 milioni di euro. Cifre completamente fuori dalla portata del presidente Zamparini, e soprattutto della piazza. Dove il pubblico storce il naso quando i biglietti sono a soli 15 euro, figuriamoci i 40 che si pagano per vedere squadre d’altro livello europeo.
Ma questa è solo una parte della storia, che si sarebbe potuta anche risolvere, pur a rischio di fallimento in stile Parma. Forse con un Palermo così, i palermitani con le tasche vuote a causa della crisi, si sarebbero imposti altre rinunce pur di vederlo e sostenerlo, almeno in TV. Va da se che, per realizzare questo sogno, si doveva comunque procedere per gradi, proprio per evitare repentini fallimenti. Cosa possibile, ma, a rigor di logica, non è stato l’unico problema.
Ci sono anche altri motivi alla base del mancato trattenimento a Palermo di grandi campioni in pectore. Le grandi stelle, i grandi campioni da Cavani a Pastore, da Dybala a Vazquez, ovviamente vogliono fare un salto di qualità. E spingono sia per un compenso più alto, molto più alto, sia per un club che possa portare a titoli nazionali e internazionali, collettivi e personali. Le speciose regole d’ingaggio di oggi fanno il resto.
Su questo piano, va detto che al Palermo sono stati preclusi titoli dal modus vivendi del calcio italiano. E non solo durante l’epoca Zamparini. Tristissima fu la storia del Palermo di Renzo Barbera nel calciomercato per il campionato 1972-73 in vicende oggi dimenticate. Quel Palermo (all’epoca non c’era il mercato di gennaio), fu costretto ad affrontare il campionato a 16 squadre in A senza una squadra adeguatamente rinforzata. E retrocedette soprattutto a causa di un attacco con mezzi troppo limitati.
L’anno dopo, il Palermo di Renzo Barbera vinse sul campo la Coppa Italia contro il Bologna. Ma il titolo fu letteralmente scippato da un arbitro, Sergio Gonella, che prese decisioni a dir poco incredibili. Il comportamento di Gonella in quella finale fu semplicemente scandaloso, e nulla poté il grande Renzo Barbera, se non dare lo stesso il premio-vittoria ai propri giocatori. E siccome Barbera era un galantuomo, parlò di “sfortuna” anziché altro. Anche il tempo è stato galantuomo: oggi esiste uno stadio Renzo Barbera.
Dopo circa trent’anni, in tre campionati di serie A, al Palermo di Zamparini è stata tolta la possibilità di giocare la Champions anche a causa di numerosi arbitraggi a dir poco discutibili. Ma il massimo avvenne nella stagione 2010-2011, quando il Palermo di Zamparini, allenato da Delio Rossi, aveva messo in campo la squadra più giovane e tra le più forti del massimo campionato italiano. Gli furono negati qualcosa come 25 rigori netti, alla faccia della “politica dei giovani” sbandierata ipocritamente già a quei tempi.
Quel Palermo perse la finale di Coppa Italia contro l’Inter in maniera molto balorda. Quello è stato un giorno triste dello sport, riscaldato solamente dalle decine di migliaia di tifosi palermitani che pacificamente colorarono Roma di Rosa e Nero. Quella stagione del Palermo la si può interpretare come l’imooissibilità di realizzare in Italia la favola di un “Leicester” o un “Wolfsburg”. L’ultima squadra di seconda fascia, e non della capitale, che ha vinto un campionato italiano è la Sampdoria. Qualcosa come un quarto di secolo fa.
Va anche aggiunto che, in ogni stagione, le future grandi stelle rosanero erano massacrate impunemente dai difensori avversari. Dybala veniva fatto volare via da rudi difensori come Lichtsteiner senza che gli arbitri battessero ciglio. Vazquez era costantemente puntato sulle gambe, assalito in tutti i modi, con direttori di gara che sistematicamente prendevano decisioni contro di lui. Lo stesso è stato per Pastore, Cavani, Miccoli, Toni e tanti altri. Ci sono immagini che lo provano. Questi giocatori sono stati altrettanto sistematicamente tutelati una volta passati a giocare in club… tutelati.
Ma perché tanto odio per squadre come il Palermo? Che sono definite di “seconda fascia”? Il motivo è molto semplice. Piazze come Palermo, Firenze, Udine in Italia, ed altre in tanti Paesi, rappresentano un pericolo, una minaccia economica, per i lauti guadagni dei “grandi club”.
In particolare Palermo: dove il numero dei tifosi juventini, interisti e milanisti è molto alto. Il Palermo degli anni migliori di Zamparini ha dimostrato che bastava essere a ridosso delle grandi per spostare grandi schiere di tifosi, e quindi di guadagni, da queste squadre alla casa, e le casse, rosanero. La cosa, forse, ha creato qualche mal di pancia.
Va quindi considerato l’ambiente-calcio in Italia, e non solo Zamparini. Un ambiente che, oltretutto, sembra anche corto di vedute. Una vittoria dello scudetto da parte di un “Leicester” italiano, sia esso il Palermo o altra squadra, avrebbe infatti portato di più non solo allo sport, ma anche al calcio italiano come attenzione del pubblico mondiale e quindi come business, come ricchezza morale e materiale. Lo ha dimostrato la vicenda del Leicester in Gran Bretagna. Lo capiranno in Italia? Non sembra.
Zamparini adesso è invecchiato. Profondamente criticato da una gran parte dei tifosi del Palermo, spesso a ragione, non sembra più in grado di creare grandi collettivi che possano insidiare i potentati del calcio italiano, meno che mai europeo. Il Palermo di quest’anno, a meno di un grande miracolo, è praticamente dato per retrocesso già a metà campionato. Corini, nonostante risultati dopotutto accettabili vista la situazione, pare sia a rischio esonero. E qui Zamparini ha veramente toccato il fondo. Per i palermitani è meglio continuare, e persino retrocedere, con la grande bandiera Eugenio Corini che fare un ennesimo cambio di allenatore.
La cosa è molto triste.
Ma, se non altro, Zamparini ha dimostrato nei suoi tempi migliori che le potenzialità della piazza di Palermo sono grandissime. Lo sono state, e lo sono tuttora, quale club di lancio per decine di grandi campioni. Il che è già un successo, un grande successo per tutti i tifosi rosanero e non solo per la società. Quando Toni arrivò a Palermo, ci vollero molte partite perché iniziasse a segnare. E il sostegno dei tifosi fu determinante per farlo riesplodere. Lo stesso è stato per altri campioni passati in rosanero, almeno fino alla sciagurata finale di Coppa Italia del 2011.
In un futuro che si fa sempre più prossimo, sta ai palermitani cercare e accogliere potenziali investitori nella gallina dalle uova d’oro che è il calcio a Palermo.
A patto che siano investitori che accettino una difficile sfida: quella di sconfiggere o per lo meno modificare l’incancrenito ambiente-calcio, e quindi far rinascere, nei fatti, il calcio come sport, ovvero la possibilità che qualsiasi club possa vincere il campionato persino in Italia.