di Gabriele Bonafede
Su una popolazione di quasi settecentomila abitanti, i grillisti di Palermo avrebbero mobilitato “ben” 554 iscritti per il voto delle cosiddette “comunarie”, ovvero le primarie del movimento Cinque Stelle per scegliere “democraticamente” il candidato a sindaco della quinta città d’Italia. Le preferenze espresse sarebbero 2243.
Quindi ogni votante avrebbe espresso circa quattro preferenze. Nessuno tra i comuni mortali conosce i voti dei primi cinque “più votati” dai quali verrà fuori il candidato a Sindaco.
I candidati successivi avrebbero avuto ognuno alcune decine di voti che, diviso quattro, non raggiungerebbero nemmeno quelli concessi da parenti, amici stretti e conoscenti.
Mentre si aspetta per capire quante difficoltà avranno i Cinque Stelle a trovare firme autentiche a sostegno della loro lista, dobbiamo purtroppo notare tre cose che saltano agli occhi volenti o nolenti.
La prima è una totale mancanza di trasparenza. Organizzare delle elezioni “simil primarie” senza sapere con quanti voti sarebbero stati eletti i “pre-candidati” del “ballottaggio a cinque”, è quanto meno poco incoraggiante. Diciamo pure che è una delusione che rasenta l’imbarazzo. Imbarazzo comprensibile, perché, dati i numeri, alcuni o tutti i cinque candidati selezionati al primo turno avrebbero forse ricevuto l’equivalente dei voti di un “popolo” residente in un solo condominio di via Leonardo da Vinci o viale Strasburgo, bambini compresi.
La seconda, è la ridicola consistenza del voto. I votanti sarebbero stati lo 0,08 % della popolazione, e poco meno dello 0.2% degli aventi diritto al voto a Palermo.
Una percentuale miserrima. Per essere più precisi, una partecipazione ridicola. Che la dice anche troppo lunga sulla reale consistenza della democrazia interna al movimento di Grillo, per lo meno a Palermo.
Se si considera che i votanti alle tanto contestate primarie del PD di cinque anni fa furono circa trentamila, salta agli occhi la differenza. Che è semplicemente enorme: il PD ha mobilitato cinquantaquattro volte più cittadini per le proprie primarie alle precedenti elezioni comunali palermitane…
La terza, che discende dalle altre due, è quanto poco conti l’elettore, e persino il militante grillino, nel movimento cinque stelle.
Con queste percentuali di partecipazione, in una città che pure ha fornito grandi numeri al movimento grillino nelle ultime elezioni regionali e nazionali, è evidente che il singolo militante o il singolo elettore conti nulla o quasi.
Per essere più precisi, nella casa a cinque stelle di Palermo, uno vale 0,0008.
Manca poco, e siamo a decidere i candidati della quinta città d’Italia con una “briscola in cinque”. E meno male che secondo i grillini “è il popolo che sceglie”.
Mi diverte molto leggere questi “articoli” e commentare. Il sig. Bonafede (credo solo di cognome)fa dei calcoli tipo “briscola a cinque”, gioco a lui noto. Scegliere gli esecutori del nostro programma, da noi, è cosa seria e ne detiene il diritto solo chi è iscritto “certificato” (insomma “sapemu cu è”); è risaputo, ma non da lei, che il Movimento sceglie, i suoi portavoce, attraverso selezione degli iscritti “aventi diritto”. Non scegliamo, gli esecutori del nostro programma, attraverso selezioni aperte a tutti, come fa il PD con le sue primarie.(veda cosa succede ogni volta e si dia una risposta) Poi uno stabilisce quale è il sistema più democratico. Le percentuali calcolate da lei fanno ridere, addirittura le rapporta al numero di abitanti della città, complimenti. Hanno votato 524 iscritti al M5S certificati e residenti a Palermo. Ha votato (dalle nove alle 19) il 35% degli aventi diritto.