di Daniele Billitteri
Lo dico subito per chiarire da dove parto. Io al referendum ho votato Sì. Ho deciso così sul merito e sulla base di una valutazione di carattere più generale. In un pianeta che corre verso il populismo e l’isolazionismo (Usa, Francia, Balcani, Brexit, quasi Austria, Balcani) ho giudicato pericoloso chiamare l’elettorato a rispondere a una domanda retorica: siete contenti della vostra condizione? E poi incassare la risposta scontata scambiandola con un’altra moneta. Io ho pensato che la Riforma proposta, per altro votata dal Parlamento in ben quattro occasioni, fosse un buon inizio. Alla fine i no sono stati il 60 per cento e i Si sono stati il 40 che equivalgono a quasi 14 milioni di voti.
Ora, io sono convinto che l’eleganza dell’uomo si dimostra nel saper perdere. Per formazione culturale sono convinto che cazziate al popolo non se ne fanno. Il popolo non è un consiglio di amministrazione ma un corpo sociale pieno di acciacchi e non ha senso imputare qugli acciacchi al suo stile di vita. Chi dice che gli italiani ammirano gli evasori fiscali, i mariti che mettono le corna alle mogli (ma non viceversa), i posteggi in doppia fila, mette il dito su una piaga vera. Ma le colpe collettive non esistono, è una specie di eugenetica è come dire gli uomini preferiscono le bionde. Minchiate.
La gente in questo paese sta soffrendo. Davvero. Vive tra regole subite e regole trasgredite preferendo le regole che si fa da sé. Ma non è un capriccio. E’ una sofferenza, una patologia. La gente è impaurita mentre guarda un figlio che cresce inutilmente, mentre teme la chiusura di una fabbrica, una normativa sulla pubblica amministrazione. Dove sono quelli che hanno trasformato gli uffici in stipendifici? Dove sono i consiglieri fraudolenti del: tranquillo, intanto ci mettiamo un piede poi chiediamo la stabilizzazione. Ci sono quelli che invidiano le prebende al personale politico (deputati, senatori a scendere a scendere). Ci sono quelli che pensano: non mi danno la possibilità di lavorare, che mi diano almeno quella di rubare. Gente per bene. Gente per male. Gente che butta via i pochi soldi per avere il cellulare all’ultima moda. Ma tutti gente.
Sono pochissimi, secondo me, quelli che hanno votato No perché sanno di Coastituzione e di rischi della democrazia. Ma quali rischi? Da quando in questo paese non c’è un’elezione “vera” dove i nostri rappresentanti siano davvero scelti da noi e non dai vertici dei partiti? Il voto del No è un voto di protesta. Sacrosanta protesta. Indice di una reale sofferenza. E va letto come tale. Basterà guardare la lista delle percentuali. I No sono plebiscitari soprattutto nelle regioni meridionali dove la sofferenza è più acuta, dove maggiore è la paura di non farcela, dove più oscuro è il cielo dei giovani, dove più spazio hanno i poteri criminali.
Di contro, è mai possibile pensare che 14 milioni di Si siano tutti dei “poteri forti”? Ma smettiamola. Sono italiani che hanno fatto una valutazione diversa. Spaventati come quelli del No ma che hanno immaginato un altro percorso.
Pronto accomodo la paura ha congelato tutto;: ci teniamo 315 senatori, il Cnel, la capacita di una regione su 19 di bloccare una legge dello Stato per via dei pastrocchi della “legislazione concorrente”
Adesso i leader cercano di mettersi la medaglietta: “se il no ho vinto è per merito mio”. Renzi è un democristiano, non mi ha mai fatto simpatia ma gli riconosco il merito di aver detto: ho perso e me ne vado. Vedremo se lo farà davvero come spero. Prima di lui lo ha fatto solo D’Alema quando il suo partito perse le Regionali. Non era costretto ma se ne andò.
Un popolo spaventato, sofferente e smarrito ha bisogno di assistenza e, perché no, di guida. Non si può andare avanti a “democrazia diretta” un’altra colossale minchiata (chi di voi sa qual è il problema delle trivelle?). Questa gramigna della paura deve essere estirpata.
Ma io non vedo contadini esperti, non vedo gente pronta a prendere in mano la paura di tutti e farla propria trasformandola in progetto, non vedo gente che sappia guardare oltre.
Le barricate di Goro sono una vergogna ma sono il frutto di una paura anche quelle. Ma ho visto comportamenti che su quelle paure hanno costruito fortune politiche. Non vedo leader capaci di tenere aperte le porte continentali senza ridursi a sudditanza capitalista, dove come deve stare la gente lo decide il Mercato. Ma peggio sarebbe se quella porta fosse chiusa, sbarrata e noi ne rimanessimo prigionieri.
Adesso chi ha vinto devo occuparsi di tutti noi, ha la responsabilità delle paure che gli abbiamo consegnato. Se bisogna saper perdere, bisogna anche saper vincere. C’è poco da festeggiare. Ma attorno a me vedo solo gente che balla nei saloni di un transatlantico in avaria. Come i valzer sul Titanic.