di Giovanni Rosciglione
Oh, finalmente!
Resteremo con due Camere e 1000 deputati; avremo il prezioso CNEL; una siringa costerà 10 cent. a Verona e 2 euro a Palermo; la Corte Costituzionale occuperà il 45% del suo tempo a dirimere le baruffe tra, ad esempio, Crocetta e Baccei; il prossimo Presidente della Repubblica potrà essere eletto anche a maggioranza non qualificata; la Regione Sicilia (isola che ha il record di NO al referendum di ieri) potrà aprire un’Ambasciata, ad esempio, a Managua (il candidato c’è già e scalpita); un chilometro di autostrada si farà in un mese in Piemonte e in due anni con il doppio di soldi in Calabria, i Consiglieri Regionali continueranno ad avere stipendi superiori a quelli Angela Merkel; e … qualcosa mi scordo.
Che soddisfazione! È un plebiscito. Tutto l’Arco Costituzionale 2.0 gongola.
Questa notte a Piazza del Popolo dicono che Brunetta ballasse una polka con la De Petris; Max (riatterrato per l’occasione a Roma da Bruxelles) discuteva animatamente con Ferrero per organizzare un’eventuale presa delle Mantellate; Geronzi, sussurrando, si proponeva a Giovanardi come prossimo Governatore della Banca d’Italia; Ferilli e Mannoia promettevano alla folla entusiasta uno spogliarello tipo scudetto alla Roma; Salvini diceva chiaramente di puntare alla sindacatura di Lampedusa, Grillo e Casaleggio – più praticamente – filmavano di nascosto tutto l’avvenimento per trasferirlo poi sulla piattaforma Rousseau.
Speranza sperava, Scotto scottava, Fico ficava, Fitto fittava, Pomicino pomiciava.
L’Arco Costituzionale 2.0 (quantico) è uscito vincitore dall’ordalia per la sentenza inappellabile di un Giudice spietato ma giusto.
Il 60% (con un record del 70% in Sicilia, guarda caso) di consensi ai crociati del popolo, e solo il 40% agli Infedeli delle falangi di Matteo Renzi. Solo il 40%!
E ora?
Le uniche cose certe sono: le dimissioni del Presidente del Consiglio e gli scricchiolii inquietanti dei primi segnali dei mercati e della comunità economica.
Quello che sembra rassicurare tutti (e certamente anche me) è che il brillante e moderno mondo della politica che ha trionfato dovrà recarsi dal Presidente Mattarella per discutere il da farsi.
La parte più frizzante delle formazioni – diciamo – populiste (nel senso di portavoce del PPOPOLO) vuole elezioni subito!
Mentre i gruppi degli annacanti, con tanto di barba e acquolina in bocca, adducendo la famosa clausola della governabilità e urgenza, propongono invece un “governo tecnico di transizione, che faccia una nuova legge elettorale e rassicuri l’Europa e i Mercati (nuova questa pellicola). Governo la cui neutralità verrà garantita dalla qualità dei ministri scelti da Nuti, Berlusconi, Meloni, Vendola e Toni Negri.
Hanno vinto del resto. E probabilmente tra pochi mesi a Governare la Sicilia potrebbe essere il fratello della onorevole Azzurra Paglieri Cancellieri!
E allora mi sembra leale mettere da parte la faziosità e dare loro un aiuto.
Lo faccio: Dedicate tutto il tempo del vostro lavoro, non solo a salvare l’Italia dalla dittatura liberticida, ma solo a fare il Governo di Natale, approfondire le problematiche di chi sarà il prossimo sottosegretario alla sanità, sostituire subito la Mogherini con un valoroso vignaiolo, aiutando così il popolo a trovare occupazione, prosperità, giustizia e morale.
Per la nuova legge elettorale vi do la notizia che ce n’è già una bella e approvata dalle due Camere: l’Italicum, col ballottaggio tra le due liste con più voti (come è per tutti i Sindaci italiani – vero Orlando? Vero Emiliano? -), se nessuna delle formazioni raggiunge da sola il 40% al primo turno. IL 40%? Ma questa cifra la ho già sentita.
Prevengo l’obiezione: “ma così fai vincere Grillo!”.
Ma, perdonatemi, sarei io – povero pensionato – o il governo uscente di Renzi ad essere responsabili di questo dramma? O chi da due anni ha dato l’anima (e qualche altra sua parte più carnosa) per rafforzare la retorica populista e conservatrice e dare oggi a Grillo la carta vincente?
Ognuno si assuma le sue responsabilità: questo risultato non dà più alibi.
Tra Giorgio Manganelli ed Italo Calvino.
I vecchi dovrebbero trasmettere ai giovani la propria esperienza ma nel nostro mondo l’esperienza non si accumula più nel vecchio, si invecchia per degradazione, ma “nella degradazione riuscire a trovare ed usare il negativo come una carta che va giocata in un gioco dialettico al quale sia vietato ogni accesso” (Manganelli). L’elogio della esperienza, per citare Calvino, viene basata in un contesto in cui per prima cosa ci vogliono le basi di esattezza, metodo, concretezza, senso della realtà. Ma se l’idea di esattezza e concretezza dell’esperienza sono diventate impossibili il futuro sarà caratterizzato da bambini che non hanno alcuna esperienza e da vecchi che non l’hanno mai avuta. Quale futuro? Un insieme di speranza e di disperazione, in percentuale mutevole. Un senso di impotenza, una chiara gerarchia di speranze e una sfiducia nella nostra capacità di renderle attuali.