di Gabriele Bonafede
Via Libertà a Palermo era uno dei posti più belli al mondo per passeggiare. Per palermitani e non. Per la borghesia, la nobiltà, i poveri e i ricchi, i disoccupati e i dirigenti d’impresa, i vecchietti e i giovani. Salomonicamente posta nel baricentro della città novecentesca, accoglieva tutti con un marciapiede abbastanza largo per camminare a “passo palermitano”.
Quel passo lento e spensierato che anche i più rudi turisti nordici imparano presto ad ancheggiare, tralasciando precisione in appuntamenti di lavoro o di divertimento.
Quanto era bello passeggiare in via Libertà fino a qualche settimana fa! La passeggiata strafottente per antonomasia: quasi dantesca nel guardare e passare, nel transitare dall’inferno al paradiso, nel giudicare questo e quello. Era lo sport preferito dai palermitani, e chissà quanti chili di colesterolo è riuscita a ridurre per tutti noi.
Per decenni è stato il salotto all’aperto di Palermo. E se piazza Politeama era sfigurata da lavori mai finiti, anche negli ultimi anni è stato comunque possibile abbandonarsi al passeggio senza meta, a quello dei negozi, all’incontro casuale con lo sciagurato compagnetto di banco che non vedevi da quarant’anni.
Un salotto, nonostante tutto: nonostante la munnizza qualche metro più in là, gli orologi pubblici sistematicamente a un orario sbagliato, le cabine telefoniche da antiquariato collettivo, i platani che muoiono e ricrescono, traffico e carrozzelle a cavallo nella zona stradale, e quelle a spinta con i bambini davanti a te.
Era un marciapiede dalle dimensioni perfette per tutto questo: non troppo grande, altrimenti non ci si incontra, e non troppo piccolo, altrimenti non si può passeggiare con la necessaria goduria e il materiale disinteresse per gli altri. Quasi tutto da percorrere senza avere la pena di passare le traverse, senza curarti delle motociclette, che per lo meno lì sopra sono sempre state rare, senza curarti di cosa arriva nell’oggi e nel domani. Passeggiando e vivendo alla giornata, come si usa a Palermo, anzi alla “minutata”: del futuro non c’è certezza, manco a parlarne, manco per i prossimi secondi. E quindi: un passo dietro l’altro, una volta con cappello in testa e consorte a braccetto e oggi con jeans bucati e smartphone alla mano.
Passeggiate epicuree, all’insegna del carpe diem, con il sole sempre intorno, con la luce sempre bella e dal sorriso smagliante.
Ma, ahimè, da qualche settimana tutto questo non c’è più. Cantando, cantando è arrivata una specie di “pista ciclabile” che è, scusando i bisogni canini, una vera e propria cagata. Non solo alla vista, che pure quella dovrebbe essere tenuta in conto, ma anche nella funzione che dovrebbe assolvere.
Con una pista ad andare e una a venire in ambedue i marciapiedi destro e sinistro, c’è spazio quasi esclusivamente per i ciclisti. E anche peggio. Se passeggi, devi stare “accura”. Devi fare attenzione. E finìu u priu.
Non serve ai ciclisti più educati, che spesso preferiscono rimanere nella zona stradale, e non serve a quelli più feroci, perché il battibecco con qualche pedone è praticamente certo. E nel frattempo, l’ansia coinvolge chi sceglie i propri piedi al posto di una pillola di strafottolina, per continuare a passeggiare lo stesso. Pista o non pista.
Insomma, la pista ciclabile non ci entra. C’è poco da fare. Va segnalato alla giunta-Orlando che, per quanto si possa ignorare, la legge sulla incompenetrabilità dei corpi non è stata ancora abolita.
Perché è stata fatta lì e in quel modo? L’ha prescritta il medico? Non c’era altra soluzione? E anche se l’avesse prescritta il medico, se non si può fare è così e basta. Che se ne facciano una ragione a Palazzo delle Aquile, anziché realizzare una cosa del genere: una “pittata” di due linee bianche da fare inorridire il più disattento dei pitecantropi.
I nostri amministratori lo capiranno? Non disperiamo.
Forse i progetti della giunta-Orlando per il marciapiede di via Libertà potrebbero essere ancora più allettanti. E capaci di sfidare le sempiterne e odiose leggi della fisica. Dopo la pista ciclabile, forse c’è ancora spazio per la pista di monopattini elettrici, quella per i tricicli, una corsia per le lape e una per il tiro alla fune.
Pedoni, scansatevi!
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