di Antonio Calandriello
A distanza di qualche giorno dalla batosta col Torino torno a scrivere della mia squadra e del fenomeno della Zamparinite. Di quella specie di virus, come ho spiegato in un precedente articolo, che colpisce sedicenti tifosi del Palermo psicologicamente fissati nel loro odio per Zamparini, il presidente e proprietario della US Città di Palermo.
La malattia sta assumendo dei connotati grotteschi e dalle dimensioni sempre più preoccupanti, al punto da avere risvolti anche di natura sociologica. Vengo subito al punto: un tifoso del Palermo va allo stadio, soffre per la squadra, si arrabbia con l’allenatore se sbaglia formazione o cambi, con i giocatori se sbagliano, gioisce per le belle giocate, li incoraggia, si duole per la sconfitta, sapendo comunque riconoscere l’impegno dei ragazzi e sperando nelle prossime partite.
Domenica io, ed esempio, pur essendo reduce da un viaggio aereo, ho raggiunto il Barbera direttamente dall’aeroporto, senza neanche passare da casa (a questo porta la follia del tifo rosanero!), dove ho seguito la partita, soffrendo per i miei colori, dalla metà del primo tempo.
Prima di andare a dormire sono andato a leggere qualche commento sul mio gruppo Facebook di tifosi. E mi hanno colpito alcuni ripetuti post celebrativi della sconfitta col Torino, che per chi ama i colori rosanero, come me e tanti altri, costituisce un evento triste ed incomprensibile, specie se proviene da chi si definisce tifoso del Palermo.
Poi però ti accorgi che chi scrive è affetto da Zamoarinite. E tutto diventa più chiaro. Perché per gli affetti dal virus la mestizia di una sconfitta passa in secondo piano, davanti alla gioia di poter affermare frasi del tipo “dove siete, sostenitori di Zamparini?”, “io lo avevo detto”, “siamo scarsissimi”, “dov’era Nestorovski, la scoperta di Zamparini”, “Hiljemark da buttare”, “meno male che non sono andato allo stadio”, e così via dicendo, sprofondando, appunto, nel grottesco più grottesco.
Si resta veramente increduli: la malattia ha tra i suoi sintomi l’irrefrenabile vanità di poter affermare di essere stati buoni (anzi cattivi) profeti. Il che supera la ragione e la passione assieme. Ma questo non può che infastidire chi ama veramente i colori del Palermo. Ripeto, ho letto una frase che recitava, più o meno: “Dove siete tifosi di Zamparini?”
Perché per i malati di Zamparinite non esistono più i tifosi del Palermo, ma solo tifosi di Zamparini o tifosi (come loro) contro Zamparini. In verità il malato di Zamparinite è tifoso di una squadra e di una società che non esiste, se non nella sua mente. La malattia, infatti, porta a rinnegare la realtà, e cioè che il Palermo, che piaccia o meno, è di Zamparini, ed è una squadra modesta che si dibatte per restare in serie A. Ma pur sempre, al momento, migliore di decine e centinaia di squadre (tra queste tutte le altre siciliane) che la serie A la vedono con il binocolo o con il telescopio.
I malati, invece, vorrebbero una squadra di grandi giocatori, che giochi benissimo, che lotti per la Champions, e che abbia altra proprietà. Perché, evidentemente, solo una squadra del genere potrebbe meritare il loro tifo.
Mi chiedo, a parte criticare e portare “attasso”, quale sia la proposta dei portatori del virus? Fare la rivoluzione? Scioperare? Comprare loro la squadra? Strapparsi i capelli giorno e notte? Quale? Io onestamente non la capisco.
Certo non mi pare simpatico che quello che traspare è tifare, in nome di una rivoluzione a costo zero (nessuno di questa pseudo-fazione è abbonato) contro chi, invece, comunque ha la sua passione e la coltiva, nella buona e nella cattiva sorte.
In Inghilterra i tifosi cantano anche quando la squadra sprofonda. Qui se la squadra va male non ci si abbona e si attaccano società e giocatori. E adesso anche i tifosi. Nemmeno i catanesi, notoriamente rivali del Palermo, farebbero di più. Il tutto con la risibile scusa di Zamparini. Uno che, peraltro, da anni va dicendo che non metterà più un euro per investimenti nel calcio.
Giusto, giustissimo criticare. Ma gioire per una sconfitta o aspettare che l’attaccante vada in bianco per poter celebrare l’evento, non è accettabile per chi ama i colori rosanero. Anch’io vorrei altri orizzonti per la mia squadra del cuore, ma purtroppo la realtà è diversa.
Che dire, speriamo che si trovi presto una cura efficace alla Zamparinite. Che, a pensarci bene, potrebbe passare da qualche vittoria rosanero in più. Il virus della Zamparinite si scioglierebbe come neve al sole. Forse.
Credo che sia un po’azzardato parlare di zamparinite intesa come malattia, e di cattivo gusto definire malati delle persone che si ribellano alle continue vessazioni e prese in giro di questo personaggio che, impossessatosi del nome, dei colori e di tutto ciò che rappresenta la passione di un intero popolo,continua indisturbato a fare i propri comodi infischiandosene di ferire l’orgoglio e i sentimenti altrui. Lei cita i tifosi inglesi, le ricordo che i tifosi del Leeds hanno contestato duramente il loro presidente con il lancio di tanti maiali di plastica in campo, a Palermo ciò non succede sia per eccesso di civiltà, sia forse per mancanza di coraggio. Concludo rispondendo alla sua speranza di guarigione dei da lei definiti malati, io credo che la terapia efficace sia una soltanto, ossia l’allontanamento dell’Onnipotente in questione. Distinti saluti.
Carissimo Sig. Antonio Calandriello,
Mi permetto di rinfrescarle la memoria per non dimenticare.
Il peggior presidente della storia del calcio a Palermo,perché di tale trattasi per quanto pochissimo sia stato il rispetto dimostrato ai tifosi rosanero,ha piú volte ricordato che soltanto una percentule irrisoria,molte volte quantificata in 50-100 folli internauti,lo contesta mentre il 99% dei tifosi lo ama.
Quindi non capisco quale sia il problema e perché questo stupido 1% non debba pensare che il friulano é un ingannatore ciarlatano della peggiore specie capace di distruggere la passione e la compatezza di una tifoseria civile e genuina.Anche questa é democrazia.Ci saluti il suo mentore della Carnia e non pianga troppo insieme al 99% restante quando l’etá lo costringerá a lasciare suo malgrado.