di Daniele Billitteri
Scrivere belle parole per Elisa Parrinello non è difficile. Basta sedersi e aprire la bocca. E le parole escono da sole. Ieri al Biondo ho visto uno spettacolo di caratura internazionale. Se In Tuo Onore finisse a Broadway vi giuro, senza babbìo, che non mi meraviglierei.
Questi giovanissimi vecchi mi fanno rabbrividire. Sono sempre sul pezzo, hanno palle infinite e se ne fottono se capita che l’amplificazione fa i capricci. Perché hanno una presenza scenica dove c’è tutto il senso della Scuola di Elisa. La vera danza è quella che trasmette emozioni, l’espressione che trasforma la parola in gesto.
La turbolenta Compagnia di Folleria già dal nome presenta le credenziali: impegno, fatica, entusiasmo, capacità e voglia di stare insieme, mattoni dello stesso muro, della stessa barriera contro la grettezza, l’ignavia, l’oblio. Adrenalina.
Penso ai ragazzini rinchiusi nelle sale gioco a coltivare i miti di Gomorra, dove il più buono si può scegliere solo tra i cattivi. Penso a Ciruzzo, il killer sentimentale o a Genny il Toco che viene invitato perfino nelle discoteche come un “tronista”. Penso ai neomelodici sparati a mille che esplodono dalle Smart. Poi penso ai ragazzi di ieri sera e mi dico che non tutto è perduto. Ho visto loro ma anche i loro genitori bellissimi. Perché nessuno nasce da niente.
Ho visto lo spettacolo tutte le volte che è stato rappresentato e anche di più perché non mi sono negato tante prove essendo pure un po’ coinvolto. Dopo le prime volte mi sono detto: beh, stavolta non piangerò. Finora non ci sono riuscito. Ieri sera compresa.
Perché la Folleria di questa Compagnia parla ai cuori e alle teste mettendo gli uni e le altre in prima fila. E c’è quasi un invito a portarle sul palco perché l’anima di quest’opera diventi un coro di osanna e non solo un’espressione di ira e di dolore da tragedia greca.
L’affetto che ho per Elisa e per l’intera sua splendida famiglia, allargata e tutta l’altra Folleria del Ditirammu, è vero e profondo. Del tutto inevitabile. Ma non altera minimamente la mia capacità di giudizio che rafforzo con una frequentazione quasi quarantennale coi temi oggetto dello spettacolo.
Il giudizio è che quest’opera deve camminare perché è una Buona Novella. Quelli della Folleria hanno il diritto di guardare avanti e noi tutti abbiamo il dovere di spianargli la strada.
Grazie a Elisa Parrinello, grazie a tutta la Compagnia, grazie al Ditirammu, grazie al Centro Paolo Borsellino. Avrei volentieri ringraziato pure il direttore artistico del Biondo ma, se non ho visto male, non c’era. Sarà per un’altra volta.
Articoli correlati:
“In Mio Onore” di Elisa Parrinello al Teatro Biondo