di Gabriele Bonafede
Sono ben 40 vertenze sindacali a Palermo. Un numero impressionante per una città semplicemente con l’acqua alla gola e in una fase congiunturale spaventosa. Facendo una stima di massima e ottimista, in base alle informazioni ricevute dalla Cgil, sarebbero quasi 7000 i posti a rischio al momento a Palermo e provincia, dei quali 1670 solo ad Almaviva.
Questi sono solo i posti a rischio licenziamento già in essere, con varie procedure, e sommando solo le quaranta vertenze principali, senza considerare l’impatto o le vertenze meno “calde”. A questi, vanno aggiunti migliaia di lavoratori precari (ad esempio 7500 nella forestale e altrettanto nella formazione) che lavorano a intermittenza, e sempre con ritardi nell’espletare i propri servizi e ricevere lo stipendio. Ad esempio nel caso dei forestali, i ritardi portano alla mancanza di manodopera per contrastare il rischio-incendi, che inizia ad essere forte a partire da maggio.
Vanno poi aggiunti migliaia di lavoratori, almeno 3000, che hanno già perso il lavoro e per i quali è in essere una vertenza riguardante gli ammortizzatori sociali che andranno a scadenza.
In questa scheda della Cgil, sono descritte le 40 vertenze principali nel quale si possono ricostruire i numeri dei posti a rischio e quelli dei precari e degli ammortizzatori sociali già in essere. Solo la questione della BluTec nell’ambito del rilancio dell’area industriale di Termini Imerese (ex-Fiat) rappresenta una notizia buona. Le altre vertenze sono tutte si situazioni di grande disagio e preoccupazione.
Scheda / Tutte le vertenze (pdf)
Sabato 7 maggio Palermo ha portato dunque più di 40 vertenze in piazza in una manifestazione regionale dal titolo eloquente: “Sicilia in lotta! Più lavoro. Più sviluppo. Più inclusione” di Cgil, Cisl e Uil, con un corteo di alcune migliaia di persone che ha sfilato da piazza Marina a piazza Indipendenza.
Queste 40 sono solo le vertenze più calde degli ultimi mesi. Ma non le sole. Non passa giorno che a Palermo non si organizzi una protesta: venerdì sono scesi in piazza in Prefettura i settori più poveri, gli appalti nei servizi, i lavoratori delle mense degli ospedali, delle pulizie, del turismo e dei servizi alberghieri.
“Sabato – ha dichiarato il segretario della Cgil Palermo Enzo Campo prima della manifestazione – tocca a tutti gli altri. Vertenze con un unico comune denominatore: il disvalore del lavoro. Un lavoro sempre più povero, che perde valore, realtà amara che colpisce non soltanto lavori già sottopagati, come il caso dei laureati di Almaviva, ma anche settori produttivi pieni di operai specializzati come il Cantiere Navale. Fincantieri, azienda partecipata dello Stato, con la scusa della mancanza dei bacini e dei mancati investimenti della Regione, pur avendo commesse per tutti i suoi siti, ha deciso di non inviare più lavoro a Palermo, dando il via a una cassa integrazione immotivata, impoverendo una realtà che con i bacini attuali ha sempre costruito rimorchiatori e grandi navi. Il lavoro povero diventa sempre più povero e anche chi ha lavoro oggi si ritrova impoverito. Solo i ricchi diventano più ricchi”.
“Protestiamo – aggiunge Enzo Campo – per chiedere un’inversione di rotta. Per chiedere di rivolgere l’attenzione a chi lavora, e diventa sempre più povero, e a chi non lavora. Tremila persone a Palermo aspettano gli ammortizzatori sociali. Negli ultimi sette anni tutti i macro settori produttivi hanno visto una flessione occupazionale che si è estesa da una parte anche al settore dei servizi, tradizionale valvola di assorbimento delle espulsioni occupazionali, e dall’altro lato all’agricoltura, settore che sembrava poter rappresentare un nuovo terreno di sbocco per i giovani”.
I tassi di occupazione e disoccupazione individuano una situazione complessiva di forte difficoltà che non può passare inosservata. Il tasso di occupazione è sceso dal 43,3 del 2008 al 38 per cento del 2015. E il tasso di disoccupazione è salito dal 16,9 per cento al 23,9 per cento. La disoccupazione giovanile oggi è al 65 per cento, nel 2008 era al 48,7. E in aumento è anche la disoccupazione femminile: si è passati dal 19,5 per cento di donne senza lavoro nel 2008 al 25,4 per cento del 2015”.
Ecco la lista delle vertenze a Palermo e Provincia, il solo elenco è sconcertante: Almaviva, Cantieri Navali, Blutec, Forestali, Ammortizzatori sociali, Provincia Palermo, Scuole e strade, Aree industriali, Ansaldobreda, Keller, Comuni in crisi, Portatori di handicap, Assistenza agli anziani e pensionati, Aziende partecipate Comune, Sviluppo Italia Sicilia, Aps, Ati Group, Unicredit, Formazione professionale, Precari enti locali, Precari ospedali, Ex-Ipab, ATO Rifiuti, Aeroporto Falcone e Borsellino, Mensa Fincantieri, EDS Infrastrutture, Immobiliare virga, Consorzi di Bonifica, Istituto Zootecnico, Puccio, Calatrasi, Nutrimare, Sisa, Giornale di Sicilia, Stefanel, NH Hotel, Mediaworld, Max&Co, Le opere per Palermo.
Nel frattempo, anche l’assemblea dei lavoratori di Palermo di Almaviva ha bocciato con una valanga di no l’ipotesi di accordo sui contratti di solidarietà. I sindacati comunicano che “consegneranno l’esito del referendum all’azienda, che ha annunciato circa 3mila esuberi, di cui 1.670 a Palermo, 900 a Roma e 400 a Napoli. Ci sono meno di trenta giorni di tempo per evitare i licenziamenti. Si aspetta adesso una nuova convocazione da parte del governo mentre i sindacati stanno preparando nuove azioni di lotta. Non è piaciuta la differenza nell’applicazione della solidarietà: il massimo a Palermo e a Roma, con il 45 per cento, a Milano il 13, a Catania il 7, a Rende il 3. E dopo 4 anni di ammortizzatori sociali, i lavoratori si sono ribellati all’ipotesi di uno stipendio ridotto sotto la soglia di povertà. Altre contestazioni: la nuova flessibilità annunciata, con il sistema misto, orizzontale e verticale, per i part time. E l’anticipazione delle risorse per soli 2-3 mesi. Secondo i sindacato, in questo modo si posticipano solo di 6 mesi i licenziamenti.”
Per quanto riguarda la situazione dell’industria, questa è la valutazione della Cgil: “In tutta la provincia di Palermo sono scomparse negli ultimi cinque anni quasi mille aziende industriali. Il dato riguarda soprattutto le industrie manifatturiere, in un contesto di generale flessione di tutte le attività economiche. Si è passati dalle 6.874 imprese manifatturiere attive del 2009 alle 5.667 imprese di fine 2015. Le aziende più numerose restano quelle del settore alimentare: 1.589. Nell’arco di cinque-sei anni si sono persi in provincia di Palermo, solo nel comparto metalmeccanico, almeno 2.500 posti di lavoro. Nella zona industriale di Termini Imerese è scomparsa per rpima l’insegna della Biennesud, l’azienda accanto al Lingotto, dove si verniciavano le Fiat. Altre insegne ormai cadenti sono quella della Universalpa, azienda che forniva i pezzi lavorati della Punto e della Tecnoimpianti, oggi vuota. E poi la Clerpem, che realizzava i sedili per il Lingotto, la Ergom-Magneti Marelli, la Lear, la Imam: sparite tutte le piccole fabbriche che traevano ossigeno dal polmone della Fiat.”
“In totale, secondo l’ultimo rapporto Irsap del 2013 – prosegue il sindacato – le 86 industrie dell’area industriale di Termini Imerese quasi per la metà sono chiuse: 20 del tutto inattive, altre 20 “in programmazione” ma poche hanno aperto i battenti.”
“Nell’altro polmone industriale di Palermo, quello di Carini, la metalmeccanica è in agonia”, ricorda la Cgil. “C’è l’ Ansaldobreda, i cui 140 operai sono stati assorbiti dalle Ferrovie. La Keller è fallita: licenziate 200 tute blu. La Italtel, 203 lavoratori nel settore dei sistemi informatici e delle telecomunicazioni, da più di un anno ha avviato cassa integrazione e solidarietà. La Selital, che realizza piastre elettroniche, è senza commesse, ridotta al lumicino: i 160 operai dopo la cassa integrazione straordinaria hanno iniziato la cig in deroga, e c’è la minaccia di 100 esuberi. E hanno chiuso definitivamente i battenti la Tecnosistemi, la Palitalia, la Effedi e la Cpc: in tutto trecento posti di lavoro in fumo. Ha chiuso nei mesi scorsi la Icar Arredi, in affanno sono la Tecnozinco, la Omer, altra azienda nel settore ferroviario.”
“Svuotata anche l’area industriale di Brancaccio – conclude la Cgil. La desertificazione industriale di Palermo ha certamente contribuito a rendere più povero un comprensorio che ormai si regge soltanto sul lavoro pubblico.”
La domanda è, con un quadro del genere e con altri 7000 posti a rischio per i quali non si vede una soluzione all’orizzonte, cosa succederà all’economia della quinta città d’Italia? Si profila un impatto devastante a meno di trovare soluzioni organiche e valide con un nuovo progetto che coinvolga tutti.
Le foto in copertina e nel testo sono tratte dalla pagina Facebook Cgil-Palermo.