di Gabriele Bonafede
Il governo sarebbe al lavoro per realizzare un piano di salvataggio per Almaviva. Tuttavia le notizie sul futuro dei lavoratori ai call center, soprattutto quelli di Palermo, sono ancora caotiche e si profilerebbero ammortizzatori sociali più bassi del previsto.
Da un lato, l’azienda ha confermato i licenziamenti, allo stato attuale, alla fine del confronto di ieri con i sindacati. Dall’altro lato, appaiono notizie di un’azione di governo che però sembrano ancora a prime e caute reazioni.
Infatti, la più consistente e immediata sarebbe “l’apertura di un tavolo formale” tra governo, azienda e parti sociali. Cioè un primo passo che, oltre ad essere un’ovvietà, appare tardivo all’oggi. E che, per giunta, si concretizzerebbe solo tra un paio di settimane, e cioè il 18 aprile.
Secondo alcuni quotidiani nazionali, Palazzo Chigi proporrebbe una task force con il sottosegretario palermitano Faraone, e anche De Vicenti e Bellanova. Task force che si muoverebbe per provvedere più ammortizzatori sociali e uno stop, ma parziale, alle aziende italiane che delocalizzano.
Così Repubblica sulla vicenda Almaviva: “A Palazzo Chigi qualcosa si muove sulla vertenza Almaviva. Una sorta di unità di crisi speciale si potrebbe costituire già la prossima settimana con una convocazione formale del gruppo. Il sottosegretario Davide Faraone e i colleghi Claudio De Vincenti dell’Economia e Teresa Bellanova del Lavoro stanno lavorando ad alcune proposte che a breve dovrebbero essere presentate ai patron della holding, la famiglia Tripi. L’obiettivo è quello di ridurre il numero degli esuberi e convincere l’azienda a fare marcia indietro sui licenziamenti annunciati nelle scorse settimane e confermati ieri ai sindacati.”
La delocalizzazione è un punto importante della questione. I call center lavorano infatti con personale che parla italiano e va da se che una delocalizzazione all’estero per ottenere salari più bassi riduce la qualità dei servizi per lo meno per ciò che attiene alla lingua. Se il settore fosse regolamentato all’interno dell’Italia non ci potrebbe essere concorrenza sleale su questo piano, perché comunque i servizi devono essere forniti in italiano. In altre parole, è un tipo di servizio che non può essere fornito ad accettabili livelli di qualità da lavoratori stranieri, salvo in rari casi di stranieri che parlano l’italiano quale lingua madre.
Dunque è un mercato che è facile da regolamentare su questo punto al fine di mantenere la tutela del consumatore (avere un servizio in italiano corretto e quindi di maggiore qualità) e nello stesso tempo i lavoratori (lavoratori appunto solo italiani, o comunque di madrelingua italiana).
In ogni caso, sembra che la task-force del governo viaggi su “cinque linee d’azione”.
La prima linea sarebbe la proroga per tutto il 2016 degli ammortizzatori sociali per il gruppo Almaviva. Questa non è una buona notizia, ma una constatazione di un’ulteriore beffa per i lavoratori. Infatti, la holding della famiglia Tripi sarebbe da poco passata dal settore industriale a quello terziario e quindi, sempre secondo Repubblica, “oltre a una riduzione della solidarietà concessa ai lavoratori (con una copertura dalla paga giornaliera scesa dal 70 al 50 per cento, un’ulteriore beffa per i lavoratori)”, ci sarebbe anche “lo stop a nuova cassa integrazione”.
Si tratterebbe, in pratica, di un intervento del governo nazionale che “potrebbe garantire ammortizzatori sociali per gli esuberi anche per tutto il 2016”, afferma Repubblica. Ma questa, oltre ad essere una misura per ammortizzare, e non una vera e propria soluzione, è comunque rigettata a priori dall’azienda: “Già dal 2012 usufruiamo di ammortizzatori sociali e non riusciamo a riequilibrare i conti con questo strumento perché la crisi è strutturale e il settore va regolato per poter competere in maniera leale” avrebbe comunicato Almaviva.
La seconda linea, sarebbe più concreta e riguarderebbe appunto il tema delle delocalizzazioni, e cioè “lo stop ad appalti a ditte che hanno una forte delocalizzazione all’estero”. Sembra però anche questa un’azione limitata, visto che, se da un lato sarebbe facile e utile per consumatori e lavoratori ottenere uno stop completo a qualsiasi delocalizzazione, qui si propone uno stop solo per le aziende che hanno una “forte” delocalizzazione. E non si capisce il perché l’eventuale stop sia limitato a questa categoria e non a tutte. Va anche rilevato che il termine “forte” sembra molto vago e lascia spazio a speciose interpretazioni.
La terza linea, sarebbe l’avvio di una “regolamentazione chiara” delle gare d’appalto “per evitare aggiudicazioni con lo strumento del massimo ribasso.” Questo è un punto fondamentale, e ci si chiede come mai non è stato adottato prima, proprio a tutela della qualità del servizio e quindi dei consumatori, oltre che dei lavoratori e per la tutela della stabilità del settore.
La quarta sarebbe “allo studio”, e cioè la proposta di una “sorta di clausola sociale, che prevede in caso di perdita delle commesse da parte di un’azienda di call center a favore di una concorrente la previsione di utilizzo dello stesso personale che perderebbe il posto.”
La quinta linea o “proposta” del governo sarebbe quella di “Aprire un tavolo formale sulla crisi di Almaviva a Palazzo Chigi prima del 18 aprile.” Per questa data il ministro Giuliano Poletti avrebbe “già” fissato un incontro su tutto il settore dei call center. La proposta sembra alquanto tardiva, visto che l’annuncio dei licenziamenti di massa è apparsa già da un paio di settimane. Perché aspettare altre due settimane?
Inoltre, su questo punto, è utile ricordare che la proposta di un tavolo è partita dalla Cgil che, a chiusura di un comunicato di ieri riguardo all’ultimo incontro con Almaviva precisa: “Registriamo un certo malcontento aziendale sulle dichiarazioni del Viceministro Bellanova, ed anche noi pensiamo che il MISE e il Governo debbano e possano fare di più. Insieme alle Segreterie Nazionali è già stata inviata richiesta ufficiale, al MISE e alla Presidenza del Consiglio, di apertura di un tavolo di crisi, specifico per Almaviva.”
“Abbiamo ribadito con forza la necessità di trovare soluzioni percorribili – continua la Cgil – affinché non si perda neanche un posto di lavoro. È stato un incontro assolutamente interlocutorio che ha consentito di approfondire alcuni aspetti della procedura e adesso il confronto proseguirà in sede ministeriale dove si continuerà la discussione per individuare misure che scongiurino i licenziamenti, che siano di prospettiva e che vadano oltre alla solidarietà fino a Dicembre 2016 attualmente proposta dal Viceministro Teresa Bellanova.”
Al momento, non si registrano dichiarazioni di Davide Faraone sui social riguardo a questo argomento, mentre il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, fino a ieri sera ha lanciato un paio di “tweet”: “Si rompano gli indugi per scongiurare una crisi occupazionale che investirebbe tutto il Mezzogiorno del Paese” e “Sempre più urgente un tavolo governativo per una vertenza nazionale che ha l’impatto più forte sulla città di #Palermo. #Iosonoalmaviva”
In conclusione, la situazione è ancora molto caotica, con notizie vaghe. Di certo, al momento, ci sarebbero solo notizie negative, e cioè la conferma dei licenziamenti e per giunta ammortizzatori sociali più bassi del previsto. Insomma, piove sul bagnato.
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