di Gabriele Bonafede
Nemmeno il tempo di registrare una notizia “buonina” di pochi giorni fa, e arriva una mazzata spaventosa: quella dei licenziamenti di Almaviva. Sarebbero quasi 3000 nel territorio nazionale, ma più della metà proprio a Palermo: esattamente 1670 gli esuberi nel capoluogo siciliano.
Pochi giorni prima di Pasqua, infatti, veniva diffusa la notizia che il numero degli occupati a Palermo era cresciuto nel 2015 del 2% circa. Notizia incoraggiante, con una timida ripresa del lavoro grazie a un aumento di 4000 unità, dagli 184.000 occupati del 2014 ai 188.000 del 2015 in città.
E invece: una Pasqua molto brutta per 1670 persone e quindi per un numero molto più grande di palermitani, visto che molti lavoratori di Almaviva hanno famiglia.
Se così fosse, se entro 75 giorni 1670 lavoratori di Almaviva venissero licenziati come annunciato, i progressi fatti nel 2015 verrebbero quasi annullati e, considerando l’impatto diretto e indiretto, si tornerebbe indietro in maniera preoccupante. Non vanno infatti sottratte solo 1670 unità nel dato sull’occupazione, ma anche l’impatto negativo in altri settori: attività economiche che non potrebbero più vendere beni e servizi a salariati che, per quanto con salari molto limitati (tipicamente dai 600 ai 1100 euro al mese), rappresentano una consistente fetta di domanda nell’ambito della quinta città italiana per popolazione.
I 1670 occupati in Almaviva già di per se rappresentano quasi l’1% degli occupati a Palermo, il che vuol dire che su base annua il regresso sarebbe spaventoso: circa -3% del 2016 sul 2015, considerato che il calo avviene nei primi 4 mesi del 2015.
Ma un licenziamento di massa così rapido nel tempo porterebbe con se grandi difficoltà per almeno altrettanti palermitani, nella migliore delle ipotesi. In sintesi, il licenziamento di massa ad Almaviva rischia di portare a un circolo vizioso, innescando una nuova, spaventosa, recessione su scala locale, tutta palermitana.
Con 1670 persone che si troverebbero a reddito a zero, ovviamente ipotizzando l’assenza di “paracadute” o un ripensamento nei licenziamenti, l’impatto sul piano del semplice potere d’acquisto sarebbe infatti molto forte, soprattutto perché avverrebbe, stando alle notizie, di colpo: nell’arco di poche settimane.
E il circolo vizioso non si fermerebbe a questo. Un’azienda che rilascia 1670 dipendenti è anche un’azienda che riduce molto le spese nel luogo in cui queste persone lavorano: si annullerebbe l’uso degli spazi, la loro manutenzione, le forniture di beni e servizi a tutta una struttura che, anche se adibita a servizi e non alla produzione industriale, è di ragguardevoli proporzioni.
Ovviamente questi numeri sono conti molto grossolani: esistono una serie di variabili, di legami economici e sarebbe interessante capire meglio magari con l’utilizzo di un metodo di calcolo sofisticato.
E ovviamente esistono alternative. I nuovi disoccupati potrebbero accedere ad ammortizzatori, essere reinseriti, reimpiegarsi, magari, in attività più remunerative. La struttura potrebbe essere riutilizzata.
Ma con questi chiari di luna…
Palermo, purtroppo, è una città già in crisi profonda da tempo, dove non ci sono molte alternative. Già l’impego in Almaviva è stato, per molti, un ripiego rispetto alle competenze maturate per lo meno sulla carta. Già nei mesi e anni scorsi un grande numero di palermitani è andato via, in Italia e all’estero, alla ricerca di lavoro.
Quali sono le alternative concrete a una situazione del genere? Sembra evidente che per scongiurare un circolo vizioso di ragguardevoli proporzioni è lecito ammettere un intervento pubblico, anche per il più “liberista” degli economisti, vista la situazione. Ma, è triste dirlo, non pare che al momento ci siano proposte reali.
Né la stessa esistenza di una sottoccupazione come quella presente ad Almaviva fa presagire grandi idee. Almaviva infatti ha rappresentato un serbatoio d’occupazione di ripiego, dalle caratteristiche più vicine a Paesi come India o Albania che non all’Europa occidentale: migliaia di persone impiegate in servizi che comportano competenze molto limitate rispetto ai curricula di studi tipici di un paese avanzato.
Almaviva è stato il risultato di una mancanza totale di politiche di sviluppo. Di una mancanza d’uso corretto dei fondi europei, d’assenza di un contesto virtuoso tra formazione ed economia. È il risultato di una sciagurata gestione dell’amministrazione e di scelte fondamentalmente sbagliate: Palermo è una città che tende a espellere le migliori risorse umane, evitando per giunta di riaccoglierle una volta acquisita esperienza altrove. E continua ad essere tale.