di Gabriele Bonafede
Ernesto Tomasini, una forza della natura. Si è detto molto di lui, delle sue capacità: una voce dall’estensione di quattro ottave ed uno stile performativo originale. E si è detto e scritto dei suoi successi. In Inghilterra ha interpretato ruoli da protagonista con la compagnia di Lindsay Kemp, in spettacoli d’avanguardia e musical.
Ha creato e interpretato produzioni proprie, accolte con entusiasmo da pubblico e critica internazionali. Nella performance art si è esibito in alcuni fra i maggiori musei di arte contemporanea in Europa (Tate Britain di Londra, MADRE di Napoli, CaixaForum di Madrid).
Alla radio ha cantato e recitato in tutti i canali della BBC, in Classic FM, su RAI Radio 3 e in stazioni nazionali in diversi Paesi, soprattutto in Spagna e Nuova Zelanda: da un capo all’altro del mondo. E ancora, nel 2012 è stato inserito nel volume Eccellenza Italiana, con presentazione del Presidente della Repubblica. Da alcuni mesi è docente nella Masterclass alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra, l’unico italiano ad essere stato ammesso in questa antica e prestigiosa istituzione.
Ma Ernesto non è solo successo e credito. È soprattutto vitalità, creazione, esplosione. Siciliano, quando lo vedi e lo ascolti cantare pensi a quelle immagini deflagranti del vulcano Etna, con le energie terrestri che salgono su per chilometri verso il cielo e dimostrano che ci siamo, siamo qui, siamo noi, siamo uomini e umanità che possiamo e vogliamo far sentire la nostra voce fino a lassù, vicino alle stelle. E puoi vedere, anche da centinaia di chilometri, quella colonna d’energia che sale e che ti porta in un lampo in giro per un intero continente. Da Palermo a Londra e altrove, in lungo e in largo per l’Europa e per il mondo.
Ernesto nasce a Palermo. Questa Palermo folle, magica, intrecciata di se stessa e altro. Questa Palermo che è buio e luce a un tempo. Palermo di follia, Palermo di lucidità, di pensiero e di ombra come di faville e di cenere. E di morte e creazione, di cadute e risalite. Di vita.
Ernesto cantava fin da bambino in parrocchia, in una chiesetta di Via Marchese di Villabianca, nel centro residenziale di Palermo. Frutto luccicante della Conca d’Oro all’agrodolce, ha lavorato tanto per far crescere il proprio talento in una di quelle storie particolari che rappresentano gli artisti.
Ed è questa sua, personalissima, storia che sarà al centro del suo ritorno a Palermo, in una prima assoluta al Teatro Biondo: uno show tutto suo, finalmente anche nella sua città oltre che a Londra o altrove.
“Parte dello spettacolo sarà un poco il tipo di programma che porto nei miei concerti più classici, musica con accompagnamento da pianoforte. Questo è il più popolare, alla portata di tutti, eterogeneo. Non è uno dei miei spettacoli più anarchici e di sfida.” Lo presenta così, lui stesso, nella prima sciabolata su vividi ricordi snocciolati senza fretta in una lunghissima telefonata da qui a Londra. Un Ernesto meno “eretico” dal punto di vista dei testi, dunque. Ma sempre e con forza, lui. Uno che ci siamo visti crescere dietro casa e adesso lo vediamo brillare da lontano.
Materico Ernesto, che non si nega nemmeno un poco. E vorremmo sapere cosa ha scelto per tornare con uno show personale in una Palermo che per una serata può tornare “Felicissima” come è lui. “Ci sarà una prima parte con un repertorio che non ho esibito per molto tempo, e anche cose che non ho mai cantato o che magari non canto da trent’anni. Ci sarà una canzone che cantavo da piccolino nella mia cameretta: è un viaggio autobiografico, con aneddoti tra una canzone e l’altra. Potevo stupirvi con effetti speciali, invece saremo io e il pianista”.
Un grande pianista Konstantin Lapshin. “Eh sì, russo, il preferito dalla famiglia reale inglese, ma la maggior parte di quello che gli farò suonare non saranno il Čajkovskij, o Chopin”.
E quindi aneddoti, i primi tempi, anzi, le prime ore di carriera: “C’è un aneddoto legato a quando avevo dieci anni. Fu scoperta la mia voce particolare nella chiesetta dove cantavo. Con sgomento di padre Manfredi. Questo episodio mi aveva un poco frenato, cantavo quasi di nascosto. L’arte nella mia vita è entrata in modo strano: a quattro anni disegnavo benissimo e a un certo punto andai in America per corsi di disegno. E lì scoprii anche il canto in qualche modo. Mi ingaggiarono, a sedici anni, come clown, in California, Los Angeles Ventura county, mentre ero cartonista alla Walt Disney.”
Ma attenzione, Ernesto tornò a Palermo dagli States e lavorò come illustratore anche al Giornale di Sicilia: “Disegnavo per le illustrazioni del Giò Sette – dice – il primo assegno che mi diedero non lo cambiai per ricordo. Ce l’ho ancora. Ero al Liceo classico Garibaldi. Con Gigi Lo Cascio eravamo nello stesso circuito di cabaret. Lui faceva parte del gruppo “Le Ascelle”, con suo fratello e Giovanni Ventimiglia. Io e loro eravamo quelli più “Off”, con una comicità surreale, anarchica, siamo negli anni ’80. Tornando dall’America è stato difficile, ho avuto una specie di pre-debutto, finché nell’87 ho realmente debuttato come cabarettista in scala palermitana. Ma contemporaneamente al Teatro Libero, andando a Roma con Duilio Del Prete, in una commedia. È stato un privilegio avere lui come padre artistico e mattatore.”
“Poi la trasmissione, quasi contemporaneamente, di Lino Agrò, su Telesud. Una trasmissione pazzesca, tutti gli alternativi dell’epoca, un cult. Credo che Lino Agrò, che ha tutte le puntate, voglia farci qualcosa per il 30mo anniversario. Facevo l’imitazione della maga. Io sono stato la prima “Lady Barbara” televisiva prima di Andrea Costa.”
Ecco, torna un sapore particolare di una Palermo ancor meno felicissima di quella odierna, ma pur sempre capace di lanciare grandi artisti. È la Palermo in cui si andava formando, piano, piano, una consapevolezza nella lotta alla mafia, una ricerca di cultura anche dal Kabarett, che dobbiamo distinguere dal “Cabaret” nell’accezione esclusivamente dedicata al divertimento. Kabarett quale connotazione artistica che si rifà a modelli culturali più ricercati, che ricordano in qualche modo la Berlino anni ’20.
“Esatto – conferma Ernesto – un cabaret, meglio Kabarett, sociale e politico; con canzoncine che riproporrò anche al Biondo. Purtroppo il pubblico per questo tipo di spettacolo, negli anni ’80, era di “nicchia”, e rimaneva così. E poi c’era un’enorme Palermo che voleva un altro tipo di cabaret, quello più dedito al divertimento anche dialettale. La scelta era adeguarsi oppure andare via, e quindi per un periodo mi adeguai a quell’“umorismo di grana grossa”, ad esempio con “la signora Scannaliato”. Mi ricordo pure di un delizioso sketch con Mordino e Friscia. Loro erano “Cocco e Banana” e io “Claudia Skiffer”.
Teatro di ricerca con il Libero, con Pippo Spicuzza, o popolare e di qualità, cabaret dal più becero al più elitario e surreale. “Ma mi mancava qualcosa. Con il canto? Il canto sì e no. Volevo dire delle cose che avevo cominciato a dire, ma non potevo continuare perché il pubblico numericamente era limitato. Quindi sono andato per un’audizione all’Arts Educational di Londra, la più grande scuola di musical d’Europa e forse del mondo. Il patron è Andrew Lloyd Webber (The Phantom of the Opera, Jesus Christ Superstar). E… mi presero!”
Finalmente Ernesto studia canto in una grande scuola, già con dieci anni di carriera alle spalle, un anno post-graduate. “Uno dei miei insegnanti, Andrew Visnevski, mi ingaggiò nella sua compagnia per uno spettacolo a Londra, e rimandai il rientro a Palermo. Ma mentre aspettavo che cominciassimo le prove mi chiamarono per un musical, “Grand Hotel”. Un musical che cambiò la storia del musical, più basato sulla coreografia che sulla trama. A Broadway ebbe molto successo ma non a Londra. Quindi fu creata una tournée per dargli un’altra vita, e qui cantavo proprio la canzone, “Grand Hotel”, recitando un morfinomane che cantava sotto l’effetto della morfina.””
“Quando Lindsay Kemp mi diede il ruolo della protagonista femminile in Varieté, la prima produzione inglese di Kemp dopo 20 anni, capii che ero nel giro del successo: Londra e tournée in UK. Metà anni ’90. Da lì sono diventato un nome nel circuito anglosassone, quindi National Theatre Londra con un’opera lirica contemporanea.”
““È successo tutto molto velocemente – continua Ernesto – ho cominciato a lavorare nel West End (la Broadway londinese) con il nome nei manifesti. Però fu un anno o più nello stesso ruolo a cantare sempre le stesse canzoni. Anche se di grande successo, dopo un anno ti stanchi. Non puoi sprecare la voce, diventa una vita monastica, difficile, in palcoscenico i primi tre mesi sono di scoperta, poi diventa routine. Peggio che routine, non solo in palcoscenico.”
“E quando passa l’entusiasmo diventa poi necessario fare qualcosa d’altro. E incominciai a fare musica contemporanea: stanco di repliche, andavo a cantare musica elettronica che facevo nel tempo perso e lì ho conosciuto autori e artisti della Londra underground, non più “standard” per famiglie, e poi l’avanguardia, fuori dai canoni, anarchico. Ho sempre mantenuto una coerenza, perché ho sempre scelto cose del teatro, un poco strane particolari, sempre un poco folle, in un contesto di ‘mina vagante’, e mantengo una sorta di credibilità.”
Ma Palermo non lo ricorda per tutto questo periodo. E siamo negli anni’90 e poi tutti gli anni ’10 e oltre del nostro secolo. Finalmente, Ernesto torna a Palermo, proprio al Biondo, con l’Aida di Roberta Torre.
“Vero. Prima di Aida, a Palermo ci si era dimenticato di me. Sì, c’era Chiaruzzi del Giornale di Sicilia che voleva assolutamente propagare la notizia delle mie performance a Londra. Cinzia Di Marco provava a parlare di me. Ma venivano grosso modo ignorati. Poi, improvvisamente, nel 2013 Roberta Torre si accorse di una mia presenza casuale a Palermo. Mi vide letteralmente per strada. E mandò uno dei suoi attori a fermarmi mentre camminavo per i fatti miei. Roberta si è resa conto che ero quell’Ernesto Tomasini che conosceva e disse che l’Aida la voleva fare con me. Una coincidenza. Roberta conosceva Anton Blake, attore che vive a Londra, e gli chiese se conosceva Ernesto. E parlarono di me… e tutte queste coincidenze hanno puntato verso l’Aida nell’ottobre del 2013. Debuttammo nel 2014.”
Quello fu già un felicissimo ritorno a Palermo, grazie a Roberta Torre e al Biondo, da poco diretto da Roberto Alajmo. Canterà, Ernesto, un’aria della fantasmagorica Aida di Roberta?
“Sì – conferma – canterò La trasformazione di Aida, (“Aida’s trasnformation” sottofinale, con il personaggio che cambia da donna a uomo), quella chanson sul finale, su musica di Massimiliano Pace. Scrissi io il testo di quella canzone. La storia della mia vita artistica, del prossimo spettacolo al Biondo è invece un fil-rouge, una scusa per introdurre le canzone, magari nei panni miei o di qualche altro protagonista, volontario o involontario, della mia carriera. È un dialogo con il pubblico.”
A Palermo Ernesto troverà un assessore particolare, un assessore-artista come Andrea Cusumano. “Con Andrea Cusumano ho lavorato – rilancia Ernesto. Ha scritto una commedia per me, l’aveva già scritta e l’ha poi stravolta, cambiata, al festival internazionale di Kerala: ‘Petit Cheval Blanc’. Interpretavo un anziano Casanova che diventa una delle sue amanti. E che finisce per essere intrappolata dentro un quadro, in un crescendo di surreale. Un lavoro meraviglioso, un bell’incontro, un lavoro intenso.”
Siamo stati a parlare, credo, oltre un’ora. E abbiamo rivisto solo un pezzettino di realtà e sogni, di vita e gioco, di professione e spettacoli: di una ricerca, di una storia d’arte. Avremmo continuato ancora per ore o per giorni, ma la cosa migliore è rivedere e riascoltare questa storia nello show qui a Palermo.
Felicissimo Ernesto, dunque, di tornare a nella jadis Felicissima città. Al Biondo, questo 9 aprile 2016.
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Foto in copertina di Alba Ruperez.
In questa galleria, le foto di Angelo Macaluso su Ernesto Tomasini e altri al rientro a Palermo, al Biondo, e su backstage e spettacolo “Aida“, di Roberta Torre. E dopo la galleria… una piccola sorpresa con un video particolare.
PS….Qualcuno ha chiesto a Ernesto: Verdi o Wagner? La pensa così
Foto con Ernesto Tomasini in copertina e nel testo tratte, con il consenso dell’artista, dai suoi albun nel suo profilo Facebook.