di Gabriele Bonafede
L’Europa è a un bivio. Con l’attentato di Bruxelles ci si trova di fronte a una minaccia che monta sempre di più, giorno per giorno. Quella degli estremismi, di qualsiasi colore politico, e che utilizzano religione e disperazione per attuare una strategia della violenza.
L’attacco al cuore dell’Europa, prima a Parigi poi a Bruxelles, è il velenoso frutto degli estremismi, delle divisioni, degli attacchi alle istituzioni democratiche ed europee.
Adesso siamo tutti di fronte a una scelta. E sono di fronte a una scelta soprattutto i responsabili di partiti e movimenti politici. O si continua a considerare l’Europa come capro espiatorio di tutto, indebolendola ancora di più e accelerando la spirale di violenza, oppure la si difende. Cercando di proporre politiche costruttive, soluzioni reali, soluzioni democratiche e d’unione anziché di divisione.
L’Unione Europea, con tutti i suoi difetti e i suoi errori, è una grande, epocale, conquista. Non a caso è il posto dove centinaia di milioni di extra-europei vorrebbero vivere. È il continente dove, nonostante tutto, si vive molto meglio che altrove. È un modello che è stato esportato con grande successo negli ultimi 30-40 anni, e soprattutto negli ultimi 20 anni. Centinaia di milioni di cittadini oggi europei vivevano in Paesi che erano retti da odiose e crudeli dittature solo alcuni decenni fa: Grecia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Repubblica Ceca, Germania Est, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Romania, Bulgaria, Croazia, Cipro. Erano Paesi retti da dittature fino a una sola generazione fa e anche meno. E adesso, grazie all’Europa, sono democrazie. Con tutti i loro difetti, ma comunque democrazie dove la libertà e la floridezza economica sono di gran lunga più grandi di prima. Tutto questo grazie all’Unione Europea.
L’afflato di libertà e prosperità si è allargato ben oltre i confini dell’allargata Unione Europea attuale: Ucraina, Tunisia, Bosnia-Erzegovina, Albania, Montenegro, Serbia, Moldavia, Georgia sono Paesi che vivono oggi in una condizione di libertà e democrazia, certo ancora in difficoltà, ma sicuramente migliore di due decenni fa.
Tutto questo grazie all’Europa. Che però è assediata da nemici antichi e recenti. Assediata dalla propaganda del regime russo, come da quella dei sanguinari estremisti islamo-nazisti. Assediata dall’interno da una pletora di “politici” che speculano sulle difficoltà europee per raccogliere voti, attaccando le istituzioni europee e la democrazia.
L’attentato di Bruxelles è il risultato delle divisioni interne all’Europa prima ancora che delle minacce esterne. È il risultato della deriva verso il pensiero violento, le parole violente. Il risultato della “politica” di intere organizzazioni, movimenti e partiti che vogliono lo scontro. E che vorrebbero far tornare l’Europa di oggi a quella del 1939: ognun per se e la guerra per tutti.
A fronte di questa tragedia è necessaria un’inversione di tendenza. Ci vuole più Europa.
E per la precisione ci vuole molta più Europa a livello politico, solidale, lavorativo, morale, sociale, istituzionale, infrastrutturale, educazionale, economico, commerciale, finanziario e, soprattutto, culturale: una cultura delle diverse culture, delle diversità nell’unità. Una cultura dei valori di democrazia, uguaglianza, libertà, diritti umani, solidarietà.
Ci vuole più Europa, soprattutto quell’Europa che è stata fondata sugli ideali di democrazia dei padri dell’Unione, come Alcide De Gasperi in Italia e Jean Monnet in Francia.
“Le decisioni di quel primo esecutivo europeo che è l’Alta Autorità vengono attuate nei nostri sei paesi come se fossero uno. È qui che risiede una delle trasformazioni essenziali realizzate dalla nostra impresa nonché la prova della sua riuscita. Questo primo mercato comune, queste prime istituzioni sovranazionali: è l’Europa che comincia ad unirsi.” Dal discorso di Jean Monnet a Strasburgo nel 1951 Jean Monnet. La forza unificatrice alla base della nascita dell’Unione Europea.