di Pietro Ciccarelli
Stasera 20,45 il Palermo gioca al Meazza contro l’Inter. Mi preme sottolineare la carriera dei calciatori nati a Palermo e in Sicilia che hanno indossato la maglia nerazzurra.
Sono soltanto otto i calciatori siciliani che, in una qualche maniera, hanno avuto a che fare con la famiglia Moratti. Sì, perché per quel quid di misterioso che il calcio riserva, in totale la maglia nerazzurra è stata indossata dai palermitani solo in 34 partite: 32 volte da Salvatore Schillaci, mai indossata la maglia del Palermo e due volte da Massimo Tarantino, anche lui non ha mai giocato nel Palermo. Gli altri tre, cioè Giuseppe Accardi, Giuseppe Marino e Vittorio Emanuele Lupo, pur entrati a far parte dell’Inter, non scesero mai in campo con la prima squadra.
Giuseppe Accardi giocò nel Palermo, ma nel 1986 passò da San Siro come un oggetto misterioso proveniente dalla Cavese, in C1, e passato dopo pochi mesi al Campobasso, in serie B.
Detto di Accardi, il primo dei cinque in ordine cronologico, è ad un altro Giuseppe, e cioè Giuseppe Marino. Non giocò mai in prima squadra ma fece parte della squadra dello scudetto nella stagione ’88-‘89 della grande Inter di Giovanni Trapattoni e in seguito ritornato, nuovamente nell’Inter nel ’90-’91. Giuseppe Marino, spesso convocato per scendere in campo e tante volte pronto, con riscaldamento fatto, a sostituire un compagno a centrocampo, ma all’ultimo minuto il Trap cambiava idea.
Marino iniziò la carriera che conta in serie D nel Favara, per giocare in seguito nel Trapani, in C1 dove collezionò 21 presenze. Poi l’Inter, quindi nel Lanerossi Vicenza in C1 e di nuovo nell’Inter. L’anno dopo nel Taranto con 27 presenze e un’altra volta fra i nerazzurri, ma senza successo. L’esperienza nerazzurra ha lasciato una traccia indelebile non solo nella memoria dell’ex calciatore, ma ha dato la possibilità al ragazzo di Romagnolo la possibilità di fare amicizia, rinsaldata da continui incontri con i vari Beppe Baresi, con il quale giocò assieme anche nel Modena, con Stringara e Scanziani. Poi Modena con un giovane Enrico Chiesa e il trapanese Livio Maranzano. Quindi Turris, Marsala e in serie D nel Catania.
Di Salvatore , detto Totò, Schillaci, si sa tutto o quasi. Quando arrivò a Milano aveva già dato il meglio di sé ai Mondiali ’90, dove fu capocannoniere con 6 gol e nella Juventus dove giocò 3 memorabili stagioni con 90 partite e segnando 26 gol. Nell’Inter giocò solo 2 anni mettendo a segno 11 gol e 32 gettoni. Prima di calcare i campi di serie A, Schillaci, come è noto, diede i primi calci nella squadra dilettante dell’Amat.
Ecco come l’ex attaccante ricorda il suo esordio nell’Amat “Ricordo l’atmosfera tipica dello spogliatoio, era la prima volta che mi capitava, le altre volte mi spogliavo per … strada, dove giocavo: c’era quell’odore di canfora e di alcol che mi è ormai entrato nella pelle; c’era un silenzio di piombo che pareva un frastuono e c’era, il maestro, che parlava, parlava, parlava… E, all’improvviso, cominciò a distribuire le maglie per gli undici che dovevano entrare in campo. Chiamava per nome il giocatore e gli consegnava la maglietta. Quando gridò il mio nome:… Schillaci, mi aspettavo di stramazzare a terra per l’emozione e invece mi alzai e gli dissi:”Maestro, se debbo giocare, voglio il numero dieci, quello di Platini…”. Lui, per una volta, restò senza fiato. Per un attimo, giusto il tempo di aggiungere: “Perché io sono come lui”. (pagina 32 e 33 da Ragazzi di latta di Benvenuto Caminiti).
Schillaci giocò in seguito 7 campionati nel Messina fra C2, C1 e serie B con un totale di 60 reti. La migliore stagione fra i peloritani è stata nel ’88-’89, in serie B con 15 gol che gli valsero come credenziali per andare nella Juventus.
Nella stagione ’93-’94, agli ordini dell’ex milanista Sergio Maddè, giocò nella Primavera dell’Inter il palermitano Vittorio Emanuele Lupo, classe ’85, che solo da qualche stagione ha smesso l’attività agonistica e iniziato la carriera di osservatore per conto del Trapani di Roberto Boscaglia è rimasto nello staff tecnico del Trapani. Con la sola parentesi milanese e in C2 nel Frosinone, l’attaccante Lupo ha giocato sempre in Sicilia con questa sequela: in C2 nel Trapani, 14 presenze e nessun gol; Milazzo, serie D, una sola stagione con 19 presenze e 3 reti; Gattopardo, squadra di Palma di Montechiaro, serie D, con 5 presenze e 1 gol; Igea Virtus serie D, con 20 presenze e 5 gol; Paternò, serie D, 8 presenze e 2 gol; Ragusa , 4 stagioni con un totale di 80 presenze e 22 gol fra Serie D e C2; Siracusa in D, 6 presenze e 1 gol; Alcamo in serie D 27 presenze e 10 gol; Trapani 41 gettoni e 9 gol. Vi immaginate se Vittorio Lupo, invece che a Palermo, fosse nato in Lombardia?
E adesso un calciatore che fece epoca: Pietro Anastasi di Catania, 1968. Dopo essere finito ai margini della Juventus per questioni disciplinari, assieme a Capello, anche lui al passo d’addio in bianconero additato da una parte degli osservatori fra i capri espiatori del fallimentare epilogo della stagione 1975-1976 in casa juventina, nell’estate seguente Giampiero Boniperti si diede da fare per cercare una nuova sistemazione ad Anastasi, il quale da par suo si limitò a chiedere «di essere ceduto a una squadra che non doveva lottare per rimanere in serie A.
Fu a questo punto che nella carriera dell’attaccante rifece capolino l’Inter di Ivanoe Fraizzoli – per il quale Pietro Anastasi rappresentava un vecchio pallino fin dal blitz di otto anni addietro da parte dell’Avvocato Agnelli –, a sua volta alle prese con un esubero in avanti, quello di Roberto Boninsegna ormai considerato avulso dal gioco nerazzurro: i due presidenti raggiunsero quindi l’accordo per uno scambio fra le loro punte, con un conguaglio di circa 800 milioni a favore della Juventus data la più giovane età del siciliano. L’operazione di mercato destò non poco scalpore fra addetti ai lavori e tifosi, sia perché interessante due bandiere di nerazzurri e bianconeri, sia per la rivalità fra i due club.
A proposito di quella trattativa, quarant’anni più tardi, da una parte Boninsegna parlerà della “sensazione che Mazzola c’entrasse qualcosa con quella cessione, perché guarda caso uno a uno erano andati via tutti i grandi tranne lui”. Ciò nonostante, a lmeno inizialmente sembrava essere proprio il catanese ad averci guadagnato nel trasferimento, e di riflesso il club nerazzurro avendo messo sotto contratto un ancora ventisettenne Pietruzzu u turcu al posto di un trentaduenne Boninsegna considerato dai più ormai sul viale del tramonto.
Antonio Sabato nasce a Novara di Sicilia nel ’58, centrocampista, e gioca nella squadra dell’allora presidente Ernesto Pellegrini 82 partite, dopo essersi fatto le ossa nel Forlì, Sambenedettese e Catanzaro. Il suo debutto in serie A risale al 7 novembre ’76 in Torino-Inter 1-0.
Un altro siciliano Giuseppe Minaudo di Mazara del Vallo, nel ’67 e subito farà parte delle. Minaudo cresce calcisticamente nell’Inter, con la quale vince il Torneo di Viareggio del 1986. Bebutta in Serie A a 19 anni, passando alla storia per aver deciso un derby con il Milan al suo esordio]. Tuttavia con i nerazzurri milanesi non riesce a trovare un posto fisso in squadra, venendo quindi ceduto all’Udinese in Serie B, con la quale ottiene una promozione nella massima serie. Nella stagione successiva passa all’Ancona, società in cui milita per un altro biennio nella serie cadetta.
Nel 1991 ritorna in Serie A trasferendosi all’Atalanta per due miliardi e mezzo di lire. Con i bergamaschi disputa quattro stagioni, intervallate da una parentesi a Piacenza, con cui vince il campionato di Serie B 1994-1995, diventando un pilastro del centrocampo neroazzurro degli orobici.
E i milanesi che hanno giocato nel Palermo? Sarà per la prpssima volta. Intanto, forza Palermo!