di Salvo Pistoia
Per “dacci il nostro pane quotidiano”, quattro anni fa oggi mi trovavo a Isola delle Femmine (PA), dal fornaio per la razione giornaliera. Un tecnico comunale, là, per la stessa routine, porse la notizia della scomparsa di Lucio Dalla. Pensai a tutto, tranne a quell’affermazione. Una bufala, la solita battutaccia da caserma nei miei confronti, data dall’amicizia che legava il sottoscritto all’artista felsineo. Sta di fatto, che rientrando a casa, intuii dalla voce di Mollica che si trattava di una dura e vera notizia.
Mollica era al telefono con Gianni Morandi, per la notizia d’apertura del TG1. Rimasi attonito per trenta minuti, senza fiatare, senza alcun desiderio di un perché, di qualsiasi causa ragionevole.
Gli stessi Mollica e Morandi erano in lacrime. Chi scrive ha trovato in Lucio una persona con cui confrontarsi, e non solo su album, una canzone, un progetto artistico. Aveva la dote di ascoltare, nel suo infinito peregrinare tra la gente. Appunto la gente, ne avrà conosciuta parecchia di gente, sotto ogni latitudine o espressione geografica.
Come non pensare alla sua storia artistica e umana come una buona pagina della contemporaneità italiana?
Figlio della guerra e della terra, con una non facile infanzia, fin dai suoi scatti swing o jazz, con I Flippers, insieme a Fabrizio Zampa, lanciò i suoi intendimenti intorno al cosmo della canzone italiana. In quel periodo girava in lungo e largo, sulle strade dello spettacolo nazionale. Film in bianco&nero, varie escursioni per arrivare al fatidico Sanremo di Bisogna Saper perdere. Il resto si è trasformato in una conoscenza quasi globale della sua vita.
Il festival di 4/3/1943, Piazza Grande, Sulla rotta di Cristoforo Colombo, La Casa in Riva al Mare e quell’affresco felliniano che si chiama Annabellanna. A seguire arrivò il periodo politicizzato, con la simbiosi nata con Roberto Roversi, grande poeta bolognese, dalla quale scaturirono tre capolavori assoluti, Il Giorno Aveva Cinque Teste, Anidride Solforosa e Automobili.
Citare quello che è successo è pura retorica o superfluo. La grande popolarità, album che sono là, nell’immortalità della canzone di casa nostra e non solo. Quella che segue è invece una mia chiacchierata, risalente all’estate del 2004, durante il tour jazz con Stefano Di Battista, Nicky Nicolai. Poche parole, che però oggi sono care più che mai. Ed è il Lucio di sempre, il Lucio dalla grandezza che si esprime nell’umiltà, nella generosità.
Se ti dovessero chiamare maestro, quale sarebbe la tua reazione?
Mi sentirei imbarazzato. Non si ritengono maestri coloro che ne hanno diritto per il loro talento e lo dovrei essere io?
In varie occasioni hai dimostrato sensibilità e diversità per i tuoi progetti.
Sto girando con questa formazione dove sono affiancato da musicisti che rappresentano il meglio in giro per il mondo. È facile quando ti trovi con Stefano Di Battista, basta guardarsi negli occhi e cercare gli intendimenti da sviluppare. Gli appuntamenti per questo tour jazz dovevano essere otto, siamo arrivati a diciotto e le richieste sono in continua crescita.
Il tuo pensiero su coloro che cercano il successo a qualsiasi costo?
Si sta trasformando tutto in uno stronca-ossa. Vedo colleghi che cercano il tormentone, il riff facile per conseguire o mantenere la sputacchia del successo. Credo sia giunto il momento di mettersi in gioco e cercare nuove mete, stimolanti traguardi e non crogiolarsi su quanto ottenuto.
Viaggiando con la memoria, ti rivedo in bianco&nero in film con Raimondo Vianello… Se dovessi descrivere la tua vita sul grande schermo?
Non mi interessa raccontare la mia vita attraverso il cinema. Innanzitutto l’ho vissuta sulla mia pelle e sta bene così com’è, la riterrei invasiva per la gente e sinceramente credo che ci siano tante storie da raccontare, come la tua ad esempio, dove emerge la sensibilità che hai nei confronti dell’arte, della musica della poesia.
La gente ha bisogno di essere ascoltata, o no?
C’è un bisogno assoluto di ascoltare la gente, coloro che non hanno visibilità e porgono una vita reale, lontana mille miglia dagli stereotipi quotidiani, proposti dai vari media. Vediamo di narrare e raccontare un mondo diverso dalle solite manfrine o dagli abili mistificatori che troviamo puntualmente in prima fila.