Amnesty International ha pubblicato il rapporto per il 2015. Eccoun estratto per l’area del Medio Oriente, consultabile per intero in italiano su http://www.rapportoannuale.amnesty.it/2015-2016/aree/medio-oriente-e-africa-del-nord:
“Sia le truppe governative sia le forze non statali impegnate nei continui combattimenti in Siria, nello Yemen e in ampie aree dell’Iraq e della Libia hanno commesso ripetutamente e impunemente crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani, uccidendo e ferendo migliaia di civili e costringendo milioni di persone a lasciare le loro case, gettandole nella disperazione e nell’indigenza. Le forze belligeranti hanno dimostrato scarsa attenzione, per non dire disprezzo, per la vita dei civili e hanno ignorato l’obbligo sancito dal diritto internazionale che vincola tutte le parti impegnate in un conflitto, sia governative che non statali, a risparmiare la popolazione civile.”
“In Siria ha continuato a divampare il più aspro di questi conflitti, che ha causato la totale devastazione del paese ed enormi perdite di vite umane, riversando sui paesi confinanti e sugli altri stati della regione, e non solo, le drammatiche conseguenze dei combattimenti. A fine anno, secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, dall’inizio della brutale repressione attuata dal governo siriano sulle proteste popolari e le richieste di riforma del 2011, i morti nel conflitto in Siria erano almeno 250.000. Ancora una volta il peso maggiore del conflitto è ricaduto sulla popolazione civile. Milioni di persone hanno continuato a essere sfollate con la forza, e alla fine del 2015, un altro milione di siriani era stato messo in fuga dai combattimenti, portando a 4,6 milioni il numero di rifugiati che avevano abbandonato la Siria, riversandosi per lo più in Turchia, Libano e Giordania. Migliaia hanno tentato di raggiungere l’Europa salpando dalle coste della Turchia e intraprendendo rischiosi attraversamenti via mare, mentre all’interno del territorio siriano gli sfollati avevano ormai superato i 7,6 milioni. Alcuni hanno subìto più di una volta sfollamenti forzati.”
“Per tutto l’anno, le forze fedeli al presidente siriano Bashar al-Assad hanno continuato ad attaccare senza tregua con bombardamenti e lanci d’artiglieria pesante le aree civili in mano alle forze d’opposizione, uccidendo e ferendo migliaia di persone e, secondo quanto si è appreso, non esitando a utilizzare anche agenti chimici nei loro attacchi. Secondo quanto riferito, hanno continuato a prendere di mira strutture sanitarie e ad assediare aree civili controllate da gruppi armati d’opposizione, intrappolando gli abitanti civili rimasti, di fatto condannandoli alla fame e all’indigenza ed esponendoli a ripetuti attacchi d’artiglieria e bombardamenti. Sull’altro fronte, i gruppi armati non statali si sono resi responsabili di uccisioni illegali e hanno bombardato indiscriminatamente le aree in mano alle forze governative.
“Vaste zone della Siria, così come gran parte del nord dell’Iraq, erano sotto il controllo del gruppo armato autoproclamatosi Stato islamico (Islamic State – Is), le cui forze hanno anch’esse continuato a commettere crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ostentando impudentemente su Internet i loro abusi, come strumento di propaganda e reclutamento.”
“Nelle aree sotto il suo controllo, come al-Raqqa in Siria e Mosul in Iraq, l’Is ha spietatamente applicato la propria ristretta interpretazione dell’Islam e ha impedito qualsiasi tipo di opposizione, con uccisioni sommarie e altre punizioni crudeli. In Iraq, in particolare, l’Is ha continuato a prendere di mira i musulmani sciiti e i membri della comunità yazida e di altre minoranze; nelle zone dell’Iraq precedentemente controllate dall’Is sono state trovate oltre una decina di fosse comuni contenenti i resti di yazidi che erano stati uccisi sommariamente dall’Is.”
“Di molte donne e ragazze yazide non si sono più avute notizie, dopo che i combattenti dell’Is le avevano catturate per sottometterle a schiavitù sessuale. In Iraq, a maggio, le forze dell’Is hanno conquistato Ramadi, capitale della provincia a predominanza sunnita Anbar, costringendo le forze governative ad arretrare e mettendo in fuga verso sud migliaia di persone, dirette nella capitale Baghdad. Dopo aver preso la città, le forze dell’Is hanno condotto un’ondata di uccisioni di civili e membri delle forze di sicurezza, gettando i corpi delle loro vittime nelle acque del fiume Eufrate. Hanno imposto rigidi codici di comportamento e abbigliamento e punito presunte trasgressioni alle loro leggi con uccisioni pubbliche, con le stesse modalità delle esecuzioni; secondo le notizie ricevute, combattenti dell’Is avrebbero ucciso decine di uomini che ritenevano essere gay, facendoli precipitare dalla cima degli edifici. Le forze dell’Is hanno inoltre distrutto reperti religiosi e artistici, compreso il sito archeologico di Palmira, in Siria, patrimonio dell’umanità dell’Unesco.”
“Le forze governative irachene hanno cercato di riconquistare Ramadi e altre aree controllate dall’Is nel nord e nell’est del paese, inizialmente aumentando le proprie forze di sicurezza mediante lo schieramento di milizie sciite, che si erano in precedenza rese responsabili di uccisioni di matrice settaria e di altre gravi violazioni dei diritti umani, e chiedendo un intervento con raid aerei alla coalizione internazionale a guida statunitense e assistenza militare all’Iran.”
“Durante la loro avanzata, le forze governative hanno bombardato indiscriminatamente le aree sottratte all’Is o contese dal gruppo, causano morti e feriti tra i civili. A dicembre, l’esercito iracheno, sostenuto dai raid aerei della coalizione internazionale a guida statunitense e dai combattenti tribali sunniti, ma non dalle milizie sciite, ha riconquistato Ramadi. Le autorità irachene hanno continuato a detenere senza processo migliaia di musulmani, in prevalenza sunniti, sospettati di atti di terrorismo, sottoponendoli impunemente a tortura e altri maltrattamenti; molti altri sono stati condannati a morte o a lunghe pene detentive al termine di processi gravemente iniqui, celebrati davanti a tribunali che hanno abitualmente condannato gli imputati sulla base di “confessioni” ottenute sotto tortura.”