di Pasquale Hamel
Circa tre anni fa, il 15 gennaio 2013, sul portone d’ingresso della Società Siciliana di Storia Patria a Palermo, veniva affisso un cartello che notificava, non solo ai soci ma ai cittadini tutti, l’interruzione temporanea delle attività. Dietro quel cartello stava la sofferta decisione del direttivo della Società, presieduta da Gianni Puglisi, di sospendere, a tempo indeterminato, l’impegno culturale e civile che, per quasi un secolo, aveva offerto alla comunità siciliana un riferimento certo e qualitativamente di altissimo profilo.
Il taglio sconsiderato dei finanziamenti pubblici regionali aveva reso infatti impossibile il proseguimento di ogni attività e non permetteva di garantire la giusta retribuzione a dipendenti che, con dedizione, avevano lavorato per offrire al pubblico quanto di meglio la Società poteva mettere a disposizione. Così, le luci si spegnevano sul Museo del Risorgimento, prezioso contenitore di reperti della storia siciliana dell’ottocento, che era stato da pochi anni restaurato a spese della stessa Società, e sulla splendida biblioteca dove centinaia di migliaia di volumi, alcuni particolarmente pregiati, raccontavano pezzi significativi delle vicende travagliate della nostra isola ma, anche, del nostro Paese.
Quella chiusura era una sorta di negazione della memoria in un tempo in cui proprio di memoria si sente grande bisogno. Per mesi e per anni, non solo noi soci ma in tanti, abbiamo sperato che la ragione rendesse palese l’ingiustizia fatta a quella cultura che dovrebbe essere il vanto della Sicilia, che cioè ci si rendesse conto della ferita inferta all’immagine della nostra terra. Debbo confessare che personalmente io ma anche molti dei soci, dopo gli annunci e i richiami sulla stampa, col passare del tempo e nonostante le assicurazioni che prima o poi con l’intervento di privati si sarebbero rimosse le cause ostative alla riapertura, stavamo accettando questa chiusura come ulteriore tappa di un ignobile destino sulla via della decadenza civile della Sicilia.
Una rassegnazione che, tuttavia e per fortuna, è stata spezzata dalle novità di questi giorni.
Ci è stato infatti annunciato che il portone di Storia Patria sarà infatti disserrato il 23 febbraio e che l’attività della storica società potranno ripartire. Un sogno si realizza e la notizia non può che riempirci di gioia.
Una gioia che, tuttavia, fa anche i conti con la cronaca di quanto è accaduto: con l’avere cioè, anche se temporaneamente, privato la Sicilia di questo spazio culturale. E con il sapere che quattro onesti lavoratori, che rispetto a tanti altri hanno sempre avuto l’orgoglio di compiere il proprio dovere fino in fondo, hanno perso definitivamente il lavoro, con i problemi materiali che tre anni di chiusura hanno comportato.
Auguriamoci che questa parziale resipiscenza della politica regionale, perché tale è visto che la Regione fornirà solo del personale e non altro, preluda a qualcosa di più. Per intanto, un grazie a quei lavoratori al momento licenziati e che mi auguro potranno riprendere servizio. Un grazie anche a Gianni Puglisi che è riuscito a raggiungere questo parziale obiettivo e grazie anche a Salvatore Savoia che, in questi anni, ha tenuto le chiavi della Società caricandosi delle relative responsabilità.
In copertina, la biblioteca della Società Siciliana di Storia Patria a Palermo. Foto in copertina e nel testo tratte dal sito della Società Siciliana di Storia Patria http://www.storiapatria.it/index.htm
La diffusione della conoscenza è da molti considerata un pericoloso virus, soprattutto da parte di chi fonda il proprio potere sull’ignoranza. Questo è particolarmente vero in una terra dove a contare non è certo la conoscenza ma “le conoscenze”.