di Gabriele Bonafede
Ballarò, mercato di Palermo scrosciante d’abbanniate o vanniate: quelle grida che servono a vendere ogni mercanzia, suono e musica di una Palermo di strada e di travagghiu, ancora viva nonostante tutto.
Tre sono i mercati popolari più famosi di Palermo nel centro storico, ancora esistenti e sempre a rischio. La Vuccirìa, ormai ridotta a ben poco rispetto ai tempi in cui la dipinse Guttuso, ma molto frequentata dal popolo notturno di giovani bevitori. Il mercato di Porta Carini, appena alle spalle del Palazzo di Giustizia in un quartiere che nacque nel XVII secolo quasi come un’operazione di case-popolari dell’epoca, e cioè il Capo.
E Ballarò: conosciuto da tutti i palermitani quale mercato d’antico fragore e ricchezza, oggi luogo di esistenza e commercio multiculturale ed erroneamente scambiato per un talk-show televisivo.
Se le “abbanniate” del Ballarò televisivo sono conosciute da tutti gli italiani, quelle vere, quelle delle strade e piazze in cui si snodano i colori del Ballarò palermitano, sono quasi sconosciute fuori dalla Conca d’Oro. Ma decisamente più belle e orecchiabili, tanto da venire a musica, a ritmo, a folk urlato tra bancarelle di pesce e di verdura.
Al ritmo di percussioni siciliane e con il sostegno di una cantante folk che ricorda l’eredità stilistica di Rosa Balistreri o Muzzi Loffredo, e cioè Costanza Licata, l’attore palermitano Salvo Piparo ha finalmente realizzato un coro di voci naturali, un cortometraggio da “social” recentemente pubblicato su youtube.
Il progetto nasce tempo fa: “Abbiamo aspettato le energie giuste perché c’è questa paura di mostrarsi, di parlare davanti a una telecamera. Ma la gente si è rilassata abbiamo potuto scherzare e montare questa ‘summa’ delle abbanniate e del babbìo palermitano”, racconta Salvo tra una battuta e l’altra.
“Sto pensando di fare un altro capitolo ma che non sarà di nuovo a Ballarò. Perché va detto, con la necessaria leggerezza, cosa è realmente Palermo. Siamo cittadini di questa antica città e ci lasciamo ispirare da questi antichi colori, anche da cose manomesse. E abbiamo il dovere e il piacere di raccontarla come meglio possiamo. Io mi diverto perché c’è sempre una parte allegra, ma anche una parte di semi che non sono mai fioriti, che forse non fioriranno mai. E rimangono qua, quasi sottoterra, appena germogliati anche in una sola abbanniata da mercato o da spiaggia.”
Salvo non vuole parlare dei nuovi progetti che ha, che ci sono. Ma sono abituato a tirar fuori persino le parole che non vogliono usciere. E poi Salvo mi conosce per il solito rompiballe. Si apre uno spiraglio, e boom anche un piccolo portone: “Spettacolo per la prossima stagione? Penso a una Buttanissima Sicilia II, che però non parli di Crocetta, perché ci auguriamo se ne sarà già andato via”.
Salvo, ma che cabasiso dici? “U patruni si’ tu, e se lo dico io e tu ci sei, scrivi come sai”, mi risponde con il suo solito babbìo di fondo che non riesce mai a farmi imbestialire.
E qua siamo. Salvo è palermitano di panza, ma la panza va provocata e allora si scioglie la corda: “In realtà non vorrei parlare di politica. Assolutamente no, ma di noi siciliani, nel bene e nel male. Siciliani comuni, come siamo. Vorrei parlare della mezza-mafia: quella di ogni giorno. La mezza-mafia è quella che c’è in ogni casa domestica. È in tutti noi, appartiene ai piccoli gesti, della delinquenza dell’evasione, alla leggerezza dell’abusivismo, c’è una sorta di anima mezza-mafiosa sempre presente.”
Come quella denunciata dalla poesia di Gaspare Cucinella “Guvirnanti truffardini”, dico io. Gasparotto mitico, che purtroppo ci ha lasciato pochi giorni fa ed oggi ricordato solo da quella battuta sul set di Benigni “Assassino”. Ma Cucinella è stato ed è milioni, miliardi di cose in più: uno dei semi che ha evocato Salvo.
“Esatto, rilancia Salvo, di Gaspare Cucinella se ne dovrebbe recuperare l’eredità. E ho tanti aneddoti su di lui, come una volta che arrivò Franco Scaldati, con Umberto Cantone e Melino Imparato, e ci lanciammo all’impronta in un reading poetico di Cucinella, assaporando di nuovo la coppia Franco-Gaspare, tra amici, in una serata al Left…”.
Ma questo è un altro discorso, e torniamo all’abbanniata, alla nuova ricerca che finalmente si è in qualche modo realizzata, anche se con un piccolo “corto”. Eccolo qua, godiamocelo come se fossimo al vero Ballarò dei vecchi tempi, ed ora dei nuovi, con la piazza e le vie del mercato arricchite da nuovi tifosi, da nuova umanità e tinteggiatura, vocale e materiale. Venuti da lontano, e presto innamorati dei colori di Palermo, a partire dal rosa e dal nero.
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