di Gabriele Bonafede
Il Teatro Lelio è conosciuto a Palermo soprattutto per il grande coraggio nel proporre temi e spettacoli di sfida. Gestito principalmente da donne, ha iniziato la stagione 2015-2016 con un grande successo: quello di Maria Rosaria Omaggio nel suo “Le parole di Oriana”, dove la grande giornalista toscana è sbalzata in una biografia praticamente completa e soprattutto intima, senza fermarsi a ciò che il grande pubblico ricorda ma entrando nel personaggio in maniera profonda e dettagliata al tempo stesso.
La stagione 2015-2016 del Lelio, che si trova in un quartiere popolare a due passi dalla sontuosa Villa Malfitano, ha sondato il tema della figura femminile in altri spettacoli. In particolare ha rilanciato una trilogia, un percorso sulla donna, di grande attualità e contenuti. Il primo è stato due anni fa con “Donne d’amore uccise” di Giuditta Lelio. Il secondo è stato “L’Antigone”, rielaborata da Giuditta Lelio nella presente stagione in autunno.
E stasera sarà in scena il terzo spettacolo di questo trittico sulla donna di Giuditta Lelio, con una pièce storica quale è il “monologo” “La voce umana” di Jean Cocteau interpretato da Danila Laguardia. “Monologo” che preferisco lasciare tra virgolette, visto che la presenza maschile dall’altro lato del filo telefonico è brutalmente presente nel testo di Cocteau, anche se è solo la donna che parla e non solo con l’uomo ma soprattutto con se stessa.
“Una grande sfida perché è un testo degli anni ‘30, ma che è un tema universale – conferma Danila Laguardia – con un personaggio dalla femminilità semplice. Ed è rappresentato come un monologo che fa in realtà con se stessa pur avendo al telefono un interlocutore maschile. Siamo inoltre quando l’emancipazione della donna non c’era: la donna poteva essere abbandonata, e spesso senza che avesse le risorse personali, sociali, culturali per reagire”.
Non si può non dimenticare La voce umana di Anna Magnani nel film Amore di Rossellini (1948) ma, va detto, sarebbe sbagliato confrontarsi con quella rappresentazione cinematografica. Semmai, la sfida è rappresentarla a teatro, come conferma la stessa Laguardia: “Guardo tutto, assorbo tutto, ma non va messo come un confronto: è una sfida con se stessi. In teatro è diverso e questo va sottolineato. Come? Realizzandolo, oggi, a teatro. Riprendendo il filo del discorso in un momento in cui torna attuale e fondamentale la realtà della donna di fronte a violenza fisica e, come in questo caso, psicologica. La vittima è, e soprattutto in questo caso, sempre la donna.”
Una donna, quella descritta dalla pièce di Cocteau, molto debole: dipendente in maniera totale dalla relazione con un uomo che ha scelto un’altra e che non trova nessuna soluzione se non la disperazione più disarmante.
L’interesse è dunque alto, non solo perché questa rappresentazione a Palermo è una chiara sfida su un testo fondamentale del teatro, ma perché se ne intuisce una visione che ne sottolinea la drammaticità propria dello spectacle vivant, cioè nel rapporto diretto, vivente, con il pubblico: a teatro e non al cinema o in video. Un’occasione per vivere il capolavoro di Cocteau oggi, dal vivo, nel cuore del contesto.