di Gabriele Bonafede
“Mimmo Cuticchio ha deciso di organizzare il Carnevale all’Olivella, coinvolgendo gli artigiani di via Bara. Tra mostre e spettacoli, si recupera la tradizione dei pupi di farsa “, così l’artista palermitano conosciuto in tutto il mondo per avere portato dappertutto l’opera dei pupi, annuncia una nuova iniziativa che arricchisce il carnevale di Palermo 2016. Un carnevale che cammina sulle gambe di molte iniziative spontanee tra originalità e tradizioni.
In particolare, l’iniziativa di Cuticchio ha il pregio di coinvolgere una larga parte del centro storico e le botteghe artigiane che producono, rinnovandosi alle novità e mostrando le loro grandi capacità creative.
Tornano alla memoria gli antichi carnevali di Palermo, nella ricca ed evocativa presentazione dell’ufficio stampa di Mimmo Cuticchio: “Si bruciava il vecchio e si aspettava il nuovo. Un paio di giorni prima del carnevale, si preparavano due pupazzi di paglia, ‘u nannu e a’nanna, si sistemavano su due vecchie sedie e, al tramonto del Martedì Grasso, venivano avvolti dal fuoco, con tanto di lettura del “testamento”. Era il Carnevale dei vicoli del centro storico, atteso dai bambini e adorato dai grandi: i più piccoli sciamavano finalmente per le stradine, i grandi si rimpallavano l’un l’altro, ridendo, fattacci e disgrazie del quartiere, personaggi e ‘nciurie, che poi venivano bruciati virtualmente con il testamento.”
E ancora, su quegli anni in cui Franco e Ciccio organizzavano spettacolini per strada, Tomasi di Lampedusa scriveva a penna-Parker il suo tra il bar Mazzara e la libreria Dante, Guttuso passeggiava ispirato per la Vuccirìa, e Villa Deliella era in piedi in tutto il suo splendore: “Anni Cinquanta, Palermo si svegliava dopo la Guerra, si mangiava ancora poco e quasi mai la carne, ma la gente amava stare insieme e, spesso si riuniva per ascoltare l’Opra. E tra un episodio e l’altro, spesso tragici, il puparo proponeva piccole farse di qualche minuto, adatte anche ad un pubblico di ragazzini, popolate da personaggi ben conosciuti, maschere accentuate che spesso incarnavano vizi e piaceri. La gente conosceva benissimo Virticchio, Nofrio, Lisa, Tistuzza, Scricchianespula, Peppennino, Jacupu, Fusiddu, u Baruni, che non salvavano alcuna pulzella ma inducevano alla riflessione.”
Questo carnevale 2016 a Palermo attrae dunque per la grande esperienza e la memoria storica che Cuticchio rappresenta per la città. Si tratta infatti di una novità, come comunicano gli organizzatori dell’evento: “Per la prima volta Mimmo Cuticchio e la sua compagnia hanno deciso di organizzare il Carnevale dell’Opera dei Pupi, coinvolgendo l’intera via Bara all’Olivella, sede del teatro. Da venerdì prossimo – 5 febbraio – e per tutto il mese, si apriranno le botteghe, le poche rimaste del centro storico: tornieri, orefici, giocattolai, miniaturisti, pittori, il meglio dell’artigianalità palermitana, il cuore fattivo delle sue mani. Chi vorrà, potrà parlare con gli artigiani, guardarli all’opera, scoprirne i segreti. Previsti anche due laboratori creativi di giocattoli di legno per i più piccoli. Al laboratorio Cuticchio sarà invece allestita la mostra L’Opra e le sue maschere popolari che, per la prima volta, racconta i pupi da farsa, che magari non avevano la grandezza e la maestosità dei paladini, ma i nostri nonni amavano moltissimo. In mostra alcuni pupi storici di Mimmo Cuticchio, e i ritratti su tela di Tania Giordano, che cura l’esposizione.”
Lo stesso Cuticchio, aggiunge i propri, preziosi, ricordi nel commentare l’iniziativa:
“Negli anni Cinquanta, per noi ragazzi che abitavamo tra i vicoli della città antica, la grande festa non era quella di fine anno, che ci obbligava festeggiare in famiglia. La vera festa era Carnevale, la sera del Martedì grasso, quando si bruciavano u “nannu e a nanna” con tanto di lettura del testamento – ricorda Mimmo Cuticchio – Un paio di giorni prima, gli abitanti della zona preparavano due pupazzi di paglia, che rappresentavano un vecchio e una vecchia, li sistemavano su due vecchie sedie e aspettavano il tramonto per bruciarli, non prima di avere declamato, in modo beffardo e canzonatorio, un testamento nel quale si denunciavano le cose che non funzionavano nel quartiere, facendo riferimento anche a episodi accaduti a personaggi reali. Il fuoco aveva un ruolo purificatorio: si bruciava il vecchio e tutto ciò che doveva essere rinnovato, ma emergeva anche un valore propiziatorio, del risveglio della natura. Per questo motivo vogliamo recuperare quegli anni quella tradizione, e dividerla con il nostro quartiere. Quando aprimmo il teatrino nel lontano 1973, la strada era semi-abbandonata. Appena alle spalle delle antiche mura di Palermo, era un esempio del degrado. Sin dall’apertura del teatro, ho iniziato un percorso di rivalutazione delle pochissime botteghe artigiane che esistevano e ho sperato sempre che se ne aprissero di nuove perché la strada si identificasse in una dimensione di spazio a misura d‘uomo. Non è stato facile e ancora oggi non lo è, le difficoltà sono enormi, gli affitti altissimi, ma la strada resiste e noi con lei”.
Gli organizzatori pubblicizzano dettagliatamente la serie di eventi che rappresenta un proposta concreta per rilanciare un intero settore del Doc palermitano, in un’area a forte attrazione per giovani e turisti, contigua al Teatro Massimo, fiore all’occhiello di una Palermo che mostra sempre e comunque una grande forza artistica, culturale e artigianale:
“Il teatrino ospiterà nei quattro fine settimana di febbraio, altrettanti spettacoli di Mimmo e Giacomo Cuticchio. Il primo – sabato 6 e domenica 7 febbraio, alle 18,30 – I Chianci a nanna – u testamentu ru nannu e da nanna, sarà un recupero delle antiche farse, ma su scala moderna: non cambia il metodo e non mutano i caratteri dei pupi, ma i temi sono legati al mondo di oggi, e trovano spazio in un copione nuovo di zecca che focalizza l’attenzione sui problemi contemporanei: la disoccupazione, il diritto alla casa, l’arte di arrangiarsi per sopravvivere, la confusione politica. Problemi drammatici affrontati da personaggi che rappresentano la gente comune, così come si faceva nell’ultimo trentennio del ’700, quando nei casotti del piano della Marina, si mettevano in scena le vastasate con i pupi di farsa e le maschere popolari che denunciavano problemi politici e sociali. Quando a decidere tutto erano i dominatori stranieri, i pupi di farsa si potevano permettere di esprimere, attraverso frizzi e lazzi, ciò che all’uomo comune era proibito. Erano la voce del popolo. Gli altri tre spettacoli in programma – “L’albero incantato della maga Sibilla”, “Ricciardetto si finge Bradamante per amore di Fiordispina”, “Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo” – sono diretti da Giacomo Cuticchio che semplifica l’intreccio, rielaborando drammaturgicamente la storia, ma salvandone la fedeltà dei personaggi.”
IL PROGRAMMA
L’Opra e le sue maschere popolari
mostra a cura di Tania Giordano
Virticchio, Nofrio, Lisa, Tistuzza, Scricchianespula, Peppennino, Jacupu, Fusiddu, u Baruni: i pupi di farsa. Le storie che narrano non cavalcano l’epica delle avventure del ciclo carolingio, sono personaggi che non lottano contro il nemico e neanche liberano fanciulle in pericolo. La furbizia e la povertà sono l’arma contro il bisogni, dentro la cornice di un canovaccio. Sono maschere, lo specchio del semplice vivere, ma anche l’incarnazione di vizi e virtù umane. I pupi di farsa, in questa mostra, sono mostrati in una duplice veste: la marionetta-pupo, che agisce sul palco, la cui tridimensionalità di legno, stoffa e metallo è già presenza-essenza pronta ad agire, e il ritratto su tela, dove pittoricamente si evidenziano i segni distintivi del personaggio. Così Virticchio, piccolo di statura, con un occhio aperto e uno chiuso, furbissimo e intrigante, con quella parlata nasale che è la sua caratteristica; e il compare di sempre, Nofrio, alto e allampanato, “carne ‘e stendere” , con la faccia da morto di fame e la voce dell’abbanniatore. Con loro camminano Jacupu, il popolano, e Peppennino, bonaccione, scemo, con un nome che raccoglie i due dei presunti padri, Peppe e Nino. Antagonista è invece Tistuzza, napoletano di rientro, piccolo e basso con la testa sproporzionata. Nemico dichiarato, ‘u Baruni Cacalasagne o Mangiacuzzichi, avarissimo, che rappresenta tutta l’aristocrazia che affamava il popolino. Spesso i pupi di farsa litigano per i begli occhi di Lisa o quelli di Rosetta, femmine di panza che promettono tanto ma permettono poco. Sono tutti personaggi che il pubblico del Settecento conosceva benissimo e seguiva nei famosi “casotti” della Marina, guardati a vista dalle guardie borboniche visto che questi spettacoli erano considerati un ricettacolo di ribelli e sobillatori, tanto che alla fine vennero chiusi e le compagnie dei pupari migrarono nei paesi dove la tradizione della farsa restò viva per tutto l’Ottocento.
sabato 6 e domenica 7 febbraio, alle 18,30.
Teatrino dei Pupi, via Bara all’Olivella
I chianci a nanna – U tistamentu ru nannu e a nanna
spettacolo con i pupi di farsa diretto da Mimmo Cuticchio
con la partecipazione di un vero “sunaturi”, Totò Pitti, a chitarra e fisarmonica
Sono quasi quarant’anni che, promuovendo la memoria e la conoscenza dell’Opera dei Pupi, aspiro a contribuire alla costruzione di un domani certo per il suo Teatro – spiega Mimmo Cuticchio – . Ho cercato, in tutti questi anni, di narrare e rappresentare le storie dei pupi e il loro mondo, nel tentativo di far scaturire dalla memoria le ragioni di un concreto rinnovamento. Rimembrare il passato non significa tornare a riviverne minutamente ogni attimo, quanto piuttosto selezionarne i momenti per noi più vivi e significativi. Per la prima volta, dopo tutti questi anni di pratica e di memoria, ho deciso di mettere in scena uno spettacolo con i soli pupi di farsa, all’interno di un copione che focalizzi l’attenzione sui problemi che viviamo oggi: la disoccupazione, il diritto alla casa, le difficoltà di arrivare alla fine del mese, l’arte di arrangiarsi per sopravvivere, la confusione politica cui assistiamo inermi tutti i giorni. Problemi drammatici affrontati da personaggi che rappresentano la gente comune, così come si faceva nell’ultimo trentennio del ’700, quando a Palermo, nei casotti del piano della Marina, si mettevano in scena le vastasate con i pupi di farsa e le maschere popolari che denunciavano problemi politici e sociali. Quando a decidere tutto erano i dominatori stranieri, i pupi di farsa si potevano permettere di esprimere, attraverso frizzi e lazzi, ciò che all’uomo comune era proibito.
Paladini tra i bambini (pannello fotografico)
Le sagome di paladini, principesse e guerrieri avranno il volto di chi vorrà farsi fotografare, immortalando nel corpo del personaggio preferito il proprio volto.
Gli altri spettacoli dei pupi
13/14 febbraio – L’Albero incantato della maga Sibilla,
20/21 febbraio – Ricciardetto si finge Bradamante per amore di Fiordispina
27/28 febbraio – Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo
spettacoli con i pupi di farsa diretti da Giacomo Cuticchio
Spettacoli, dall’intreccio complicato, ma semplificati senza impoverire il fulcro della storia che si vuole rappresentare. La rielaborazione drammaturgica è sostanzialmente fedele alla narrazione tradizionale senza copione, lasciando campo all’improvvisazione. La struttura della messinscena rispecchia rigidamente le regole della tradizione antica così come la precisione di esecuzione e la ricchezza spettacolare sono in linea con il viaggio dell’oprante.
PROGRAMMA:
Mostra: L’Opra e le sue maschere popolari
Dal 5 al 28 febbraio
Da martedì a venerdì, ore 10-13 e 16-18,30. Ingresso libero.
Laboratorio teatrale – via Bara all’Olivella 48
inaugurazione: venerdì 5 gennaio ore 17.
Spettacoli
6-28 febbraio
ore 18,30 Teatro dei Pupi – via Bara all’Olivella, 95.
sabato 6 e domenica 7 I chianci a nanna – U tistamento ru nannu e a nanna”
sabato 13 e domenica 14 L’Albero incantato della maga Sibilla
sabato 20 e domenica 21 Ricciardetto si finge Bradamante per amore di Fiordispina
sabato 27 e domenica 28 Ruggiero salva Ricciardetto dal rogo
Laboratori artigianali su via Bara all’Olivella
aperti dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 18,30
Leandro Ceccotti – pittura numero civico 89
Rosi Di Gaetano – giochi di cristallo civ. 83
Alfio Ferlito – miniature civ. 56
Marco Guttilla – sculture civ. 44
Chiara Lo Galbo – giocattoli civ. 32
Roberyo Intorre – gioielli civ. 115
Salvo Napolitano – pittura e decorazione d’interni civ. 70
Angelo Puccio – intarsi civ. 60
Enzo Scerrino – ceramica moderna colorata civ. 64
Piero Sciortino – pittura e decori civ. 30
Giuseppe e Guglielmo Vitrano – lavori al tornio civ. 42
Figli d’Arte Cuticchio – dove nascono i pupi civ. 40
Sabato 6 e domenica 7 febbraio, alle 11 e alle 16, il laboratorio POTHèCA per bambini che, tra coriandoli e filastrocche, potranno costruire e dipingere il loro Arlecchino che muoverà braccia e gambe.