di Massimiliano Di Pasquale
Atlante geopolitico dello spazio post-sovietico. Confini e Conflitti, saggio curato da Simone Attilio Bellezza, ucrainista e ricercatore di storia dell’Europa Orientale presso l’Università di Trento, nasce con l’obiettivo di riflettere su quanto accaduto negli ultimi venticinque anni nei territori dell’ex URSS fornendo al lettore una mappa geopolitica con la quale orientarsi.
Il conflitto tra Russia e Ucraina, sorto in seguito alla Rivoluzione della Dignità a Kyiv e ancor prima la guerra in Georgia del 2008 dicono di un nuovo, duro scontro tra Occidente e Russia che merita di essere indagato.
Uno degli scopi del volume, spiega Bellezza nell’introduzione, è “invertire la rotta rispetto ai toni partigiani e da crociata che hanno caratterizzato le analisi dell’attuale crisi fra Russia e Occidente, scaturita dalla guerra ucraina”. L’antidoto alla partigianeria – secondo il curatore – risiede nel riunire “esperti dei tanti differenti ambiti che costituiscono lo spazio ex sovietico”, “chiedendo loro di valutare quale fosse stata l’evoluzione di ciascuna specifica tematica nel quarto di secolo appena passato”.
Il libro è il risultato di un lavoro collettivo in cui i tre saggi di Bellezza sono affiancati dai contributi di altri dieci studiosi: Fabio Belafatti, Oleksiy Bondarenko, Giovanni Cadioli, Andrea Griffante, Filippo Menga, Simona Merlo, Simone Piras, Alessandra Rognoni, Paolo Sorbello, Umberto Tulli.
I saggi, pur occupandosi di vari argomenti e facendo riferimento a diversi paesi – Ucraina, Bielorussia, Russia, Moldova, Caucaso, Paesi Baltici e Repubbliche Centroasiatiche ex sovietiche –, sono accomunati dal fatto di avere al proprio interno una o più cartine che rappresentano “graficamente la questione trattata”, dal prestare adeguata attenzione alle problematiche legate all’eredità sovietica e dal far spesso riferimento a concetti come nazione ed etnia, parole di non facile definizione in quanto – scrive Bellezza – il loro significato è mutato nel tempo.
Il volume, pur allineando contributi di qualità diversa – alcuni davvero riusciti e illuminanti, altri lucidi e interessanti, taluni non privi di qualche lacuna – riesce comunque a fornire al lettore una mappa con la quale muoversi all’interno di confini e conflitti nell’area post-sovietica.
Tra i saggi più riusciti lo scritto di Bellezza Le lingue degli oligarchi: come si è costruito un conflitto nazionale nell’Ucraina post-sovietica e quello di Simona Merlo Le chiese ortodosse nello spazio ex sovietico.
Il contributo di Bellezza, che si rifà alla migliore pubblicistica anglosassone (Motyl, Plokhy, Wilson) pur non snobbando l’ucrainistica italiana (Cinnella, Lami), ha l’indubbio pregio di mettere a fuoco alcune questioni, finora appannaggio degli addetti ai lavori, che meritano altresì di arrivare a un pubblico più vasto. Tra queste la semplicistica e fuorviante lettura di un Est russofono e di un Ovest ucrainofono, ossia di un’Ucraina spaccata politicamente, culturalmente ed elettoralmente per via della lingua adottata. Le cartine allegate al saggio ci mostrano una realtà ben diversa, potremmo definirla a macchia di leopardo, con vastissime aree in cui ucraino e russo si mescolano in un idioma detto surzhyk e con tante piccole isole ucraine all’interno di un Est dove predomina il russo (sarebbe interessante approfondire tale argomento analizzandolo in prospettiva storica lungo la direttrice dialettica città-campagna). In chiave elettorale è importante notare come le preferenze politiche in determinate aree geografiche siano influenzate più dalla presenza di un oligarca di riferimento che dalla divisione linguistica.
Il contributo di Simona Merlo, che da diversi anni studia le questioni religiose nell’ex URSS e in particolare il ruolo delle diverse confessioni, è fondamentale per comprendere il ruolo esercitato dalla Chiesa ortodossa in particolare dal Patriarcato di Mosca, nel forgiare un’identità culturale, quella russa, che ha forti implicazioni politiche.
“Tale discorso – scrive Merlo – ha pure una valenza geopolitica, perché mentre “cittadini della Russia possono essere russi, careliani, tatari, avari o buriati”, al tempo stesso i russi possono essere “cittadini della Russia, degli USA, dell’Australia, della Romania o del Kazachstan”. Il riferimento è soprattutto a quei milioni di russi etnici – e ortodossi – che vivono nello spazio sovietico”.
Lo scritto di Oleksiy Bondarenko Il “Mondo Russo” da progetto sovranazionale a strumento dell’azione politica che affronta un tema cruciale, ossia quello dell’ideologia della Russia di Putin, anche alla luce del neo-imperialismo belligerante palesatosi nel recente conflitto in Donbas, avrebbe dovuto, a mio avviso, approfondire meglio la figura di Aleksandr Dugin e la sua teoria euroasiatica – encomiabile in tal senso il lavoro dello studioso di fascismi comparati Anton Shekhovtsov – e analizzare le modalità con cui l’ideologia del Rusky Mir è stata propagandata in Europa dalla seconda metà degli anni 2000. Sicuramente utile sarebbe stato calare tale analisi all’interno del contesto italiano visto che alcune riviste di geopolitica del nostro Paese hanno adottato lo stesso concetto di geopolitica, inteso come rapporti di forza, fatto proprio dal Cremlino.
Andrew Wilson, uno dei maggiori studiosi di Ucraina e di mondo post-sovietico, ha sottolineato come questa idea di geopolitica scevra da qualsiasi considerazione di diritto internazionale, assai vicina al pensiero dell’ideologo del Terzo Reich Goebbels, è la stessa su cui si è basato il discorso pronunciato da Putin nel marzo 2014 per celebrare l’occupazione e successiva annessione della Crimea all’interno della Federazione Russa.
Simone Attilio Bellezza Atlante geopolitico dello spazio post-sovietico Editrice La Scuola, 2016.