di Gabriele Bonafede
Il petrolio scende. Ancora e ancora. Oggi è una giornata nera per la materia prima, con un tonfo del 6% e oltre. Il Brent si avvicina sempre più alla quota psicologica dei 30 dollari a barile, preoccupante per il budget statale di molti Paesi produttori, primi tra tutti la Russia, il Venezuela e la Nigeria. Ma che mette in difficoltà anche alcuni paesi del Golfo Persico.
Dopo una settimana di passione per il petrolio, che molti analisti hanno spiegato a causa di notizie negative e debolezza strutturale dell’economia cinese, si è aggiunta la svalutazione dello yuan, moneta di Pechino.
Il crollo del petrolio porta anche quello del rublo, che ha ormai sfondato la soglia psicologica di 80 rubli per euro, e nonostante i tentativi della banca centrale russa è ormai scambiato a circa 83 rubli per un euro. La stessa banca centrale russa ha dichiarato negli ultimi rapporti del 2015 che con il Brent a 35 dollari sarebbe recessione per la Russia anche nel 2016. Con il petrolio intorno ai 30 dollari le cose si mettono male.
Sono notizie molto negative per quei politici, anche italiani, che hanno impostato tutta la loro strategia sul sostegno servile alla Russia di Putin, apparendo come veri e propri burattini della propaganda di Mosca, spesso imbevuta di notizie false e bufale: Salvini, Grillo e Berlusconi su tutti.
Tutti e tre, con un’accesa propaganda priva di senso anche dal punto di vista economico e politico, continuano a chiedere la fine delle sanzioni contro la Russia, ignorando che è la Russia ad avere imposto l’embargo su molti prodotti italiani quale ritorsione per le sanzioni europee a una cerchia di amici e conoscenti di Putin e relativi imperi bancari.
Cosa possono comprare poi i russi dall’Italia al momento e nel futuro immediato è anche da capire: con un rublo così a mal partito e l’economia nei guai, il potere d’importazione si è sensibilmente ridotto. Non solo, l’economia russa, già in difficoltà per gli errori epocali del governo di Mosca negli ultimi dieci anni e ancora dipendente da un’industria petrolifera inefficiente per stessa ammissione di Putin, si prevede in contrazione anche per il 2016, con ulteriori ritocchi al ribasso se il petrolio scende.
Se il petrolio dovesse scendere verso i 20 dollari al barile, come previsto da molti analisti del settore, la crisi economica russa sarebbe ancora più profonda e difficilmente recuperabile senza un reale cambio di rotta nella politica economica di Mosca, finora tesa a ridurre il potere d’acquisto dei cittadini insieme ad aumenti macroscopici di spese per gli armamenti e senza reali investimenti in sviluppo economico e infrastrutture.
Nel frattempo le borse occidentali tengono botta, cedendo poco, mentre l’indice Eurstoxx 50 va in leggero rialzo. Segno che un petrolio basso aiuta molto le economie europee, notoriamente importatrici di energia, compensando largamente le piccole perdite eventualmente dovute alle sanzioni russe ai prodotti europei e persino le difficoltà della Cina.