di Salvo Pistoia
Spesso la musica ha teso le mani verso la solidarietà umana. Dove non è arrivata la sensibilità della politica, dove la cattiva volontà del potere ha il predominio, è uscito il desiderio di artisti, musicisti, protagonisti nelle varie discipline dell’arte, nel rendersi utili alle cause dei deboli.
Antesignano di azioni nobilissime fu il Concerto per il Bangla Desh, organizzato da George Harrison, con la presenza di Bob Dylan nell’agosto del 1971, al Madison Square Garden di New York. Altre kermesse indimenticabili hanno segnato il nostro tempo, dal celebratissimo Live Aid di Bob Geldof, alle iniziative discografiche di Band Aid e Usa for Africa.
In Italia, nei concerti al netto delle iniziative televisive, si sono intravisti dei risultati. Basti pensare ai due concerti per il sostegno delle popolazioni emiliane dopo gli eventi sismici.
Adesso a sostegno dell’A.G.E.O.P., Associazione Genitori di Oncologia Pediatrica (Ospedale Sant’Orsola di Bologna), un altro emiliano, Marco Stanzani, professione promoter discografico, ha ritenuto utile sposare una causa, traendo spunti da quanto svolge quotidianamente, pubblicando il volume “Artisti di Spalle” Edizioni Pendragon (nell’immagine in copertina), un percorso narrativo che racchiude aneddoti, siparietti e umori memorizzati.
Al di là della nobilissima causa per cui hai scritto questo libro, la scintilla primaria?
Lo story telling è sempre stata una mia passione. Avendo il privilegio di collaborare con artisti molto importanti il quotidiano è diventato un contenitore di mille aneddoti, alcuni condivisibili ed altri no per ovvi motivi. Parte di essi ho cominciato a raccontarli attraverso post sul mio profilo personale di Facebook e qui ho avuto la prima sensazione di quanto queste storie incontrassero il gradimento dei miei followers. Deve essersene accorto anche Franz Campi, noto attore ed autore (ha scritto tra le altre anche “Banane e Lampone” per Gianni Morandi), il quale mi ha convinto potesse essere buona cosa dare un vestito cartaceo a queste storie. E così mi ha presentato gli editori che si sono presi la briga di pubblicare “Artisti di spalle”.
Prima di pubblicare questi bozzetti, ti sei confrontato con gli artisti menzionati?
No, ho fatto leggere solo il racconto relativo a Pino Daniele al figlio Alessandro.
Consiglieresti ad un giovane la strada del promoter discografico?
Ma certo. Si tratta di un lavoro duro, dove non esistono giorni di festa o week end, dove l’aspetto dei rapporti personali è un elemento preponderante e questi si solidificano soltanto nel corso degli anni. E quindi serve una lunga gavetta, spalle salde e temperamento di ferro. Ma è il lavoro più bello del mondo, ti espone ad un contatto continuo con le persone, ti svela caratteristiche caratteriali degli artisti e dei tuoi referenti mediatici, è una palestra di vita e poi ti dà enormi privilegi grazie a persone sensibili e straordinarie: gli artisti.
Hai avuto seri momenti nel pensare di percorrere altre vie, se non quella della promozione…
L’artista è un animale che non sempre sa mettersi in discussione. Se le cose vanno bene essi attribuiranno i meriti al loro lavoro, ma se le cose non andranno bene allora sarai tu promoter a non avere fatto bene il tuo. Ecco, quando questo accade penso che in fondo potrei cercarmi un’altra occupazione. Poi però penso che nella vita non sarei in gradi di fare altro, mi faccio coraggio e ricomincio daccapo alla ricerca di nuovi successi che ricarichino le batterie.
Come è cambiata la promozione negli ultimi 40 anni?
È cambiata notevolmente. Negli anni ‘70 i grandi promoter romani aspettavano sotto casa Arbore e Boncompagni e allungavano loro il 45 giri del tal cantante. Se lo programmavano ad Alto Gradimento questi promoter potevano andare a Honolulu in vacanza che tanto il loro lavoro lo avevano fatto. Con l’esplosione delle radio private negli anni 80 la figura del promoter, unitamente a quello dell’ufficio stampa, ha assunto una vestibilità sempre più precisa. L’avvento delle chart sull’airplay e il conseguente arrivo del web col crollo delle vendite del supporto fisico, l’esposizione mediatica ha assunto il ruolo primario nella individuazione di un successo o meno. Aspetto che prima era solo legato al dato delle vendite. Ora i social determinano i flussi delle maree, i grandi capi di stato fanno annunci su twitter o Facebook, i calciatori o le società annunciano gli acquisti o le cessioni con lo stesso metodo e noi sappiamo se è stato catturato un ricercato o se è morto un personaggio famoso grazie al nostro wall di Facebook.
Preferisci un evento da promuovere o un nuovo prodotto?
A me piace studiare sempre strategie di comunicazione un po’ fuori dal coro. Ricorderai il treno di Lucio Dalla per il lanci odi Henna che partì da Bologna e arrivò a Roma con il concerto a sorpresa alla stazione termini. Il solito compitino mi allineerebbe ad un déjà-vu strategico al pari di altri e sentire di non avere dato il meglio al mio artista/evento/prodotto. Quindi la risposta alla tua domanda è la seguente: a me piace promuovere qualsiasi cosa che mi convinca a cavalcare strategie non necessariamente scontate.
Il momento più bello che conserverai di questi anni sulla strada?
I momenti più belli sono certamente quelli legati ai Lunapop: la vittoria al festivalbar 2000, i quattro italian music awards, il Pim, oltre un milione e trecentomila copie vendute. Nel giugno del 2000 la Valtur e Rds offrì a me e ai Lunaopop una vacanza ai caraibi. Al nostro ritorno a Fiumicino ricevetti una chiamata che mi annunciava il raggiungimento del primo posto in classifica di Squerez. Nel ricevere quella notizia non potei fare a meno di ritirarmi nella toilette dell’aeroporto per lasciarmi andare ad un pianto liberatorio dopo anni e anni di sacrifici indicibili.