di Pasqaule Hamel
Non so come, ma per la verità non mi sono mai posto quella domanda a cui ora nessuno più può rispondere, ‘zu Beniamino N. detto “Baiocco”, era anche un lontano parente. A contraddire quel Beniamino, nome che evocava un individuo piccino, si trattava di un omone imponente, grande e grosso che, a solo osservarlo, incuteva timore. Poi a smentire quell’appellativo scherzoso con cui era conosciuto che, ricordando un’antica moneta pontificia sembrava richiamare opulenza, il nostro non navigava nell’oro ma si barcamenava, fra mille difficoltà, a portare qualcosa a casa per sfamare e vestire la sua numerosa prole.
Che mestiere facesse, anche questo mi è abbastanza oscuro. Sulla base di flebili indizi posso pensare che si occupasse, senza molta fortuna, di commercio. Certo era che, a dispetto di certe sue vocazioni, fu un uomo di grande generosità, amato e rispettato da borghesi e popolani, visto che al mio paese, le cui origini non sono troppo lontane, di aristocratici veri non ce n’erano proprio. Di questa sua generosità ho personale contezza per questo episodio raccontatomi da mio padre. Un giorno infatti mio padre, che detestava il gioco, si era trovato per una strana coincidenza seduto a un tavolo, ed aveva perduto una somma consistente e necessaria per non so quale impegno da assolvere. Baiocco gli era venuto incontro. Si era infatti seduto al tavolo e, in quattro e quattr’otto, era riuscito a recuperare la somma e qualcosa ancora, dopo di che l’aveva allungata a mio padre, costringendolo a prenderla, “tanto torna al padrone” gli disse, lasciandolo di stucco.
Baiocco abitava nel centro del paese in un quartierino posto in un piano alto di un vecchio e alquanto degradato palazzo, a cui si accedeva attraverso due rampe di scale ripidissime a cielo aperto, e non so quante altre interne fatte di gradini sbrecciati dal tempo e dall’usura di altezze diverse. Le figlie erano sempre in movimento per mettere ordine visto che la madre, signora d’antiche origini inglesi, era di dimensioni elefantiache e poco disponibile a dare concretamente una mano d’aiuto.
A parte le passeggiate con gli amici giovani e vecchi lungo il corso del paese e le pantagrueliche “mangiate” che lo vedevano per ore seduto a tavola a divorare metodicamente quantità incredibili di cibo, la passione vera del cavaliere Baiocco, quel cavalierato gli era riconosciuto ma nessuno sapeva chi lo avesse insignito del titolo, era tuttavia la politica. Soprattutto quella locale che lo vedeva sempre presente pur declinando ogni offerta di assumere responsabilità amministrative.
E proprio alla “politica” si riferisce il curioso ricordo di cui scrivo.
Era l’agosto del 1938, proprio il giorno di ferragosto e ad Agrigento arrivava, in visita ufficiale il duce fondatore dell’impero. La città era in festa, i balconi imbandierati e i non pochi fascisti locali, in fez, camicia nera e pantaloni alla zuava, si pavoneggiavano per le strade cittadine. Anche il nostro, fascista romantico e imponente non voleva perdere l’occasione d’essere vicino al suo idolo, l’uomo che aveva ridato dignità alla nazione (sic!).
Lo attese, fra gli altri alla stazione di Agrigento, alzò il braccio per il saluto fascista al suo passaggio e emozionato e infervorato, decise che ne sarebbe stato l’ombra. Non potendolo seguire lungo tutto il tragitto, anticipò il suo arrivo al palazzo della prefettura dal cui balcone il Duce avrebbe arringato la folla.
Nonostante il rigido cordone di sicurezza, non ebbe difficoltà a entrare nel palazzo e a raggiungere la sala sulla quale si priva il balcone “fatale”. L’attesa non fu lunga, il suo Duce, con passo deciso penetrò nel salone e tutti scattarono sull’attenti; “saluto al Duce” gridò il locale federale e tutti alzarono il braccio nel classico saluto romano.
Senza aspettare oltre, anche perché il caldo afoso d’agosto imponeva di accelerare le cerimonie, Mussolini seguito da federale e da un gerarca che l’aveva accompagnato, si diresse al balcone. A questo punto Baiocco si mosse per seguirli ma un altro gerarca, accortosi di quanto avveniva, gli sbarrò il passo. Furono attimi di imbarazzo, Baiocco vedeva sfuggire l’occasione sognata, si sarebbe dovuto rassegnare ma non lo fece. Approfittando delle sue dimensioni tirò dritto, investì in malo modo il gerarca, pare si trattasse addirittura di Starace, che finì a terra e raggiunse, fra lo stupore di tutti il balcone dove già il duce salutava la folla.
La sua immagine fu ripresa dall’operatore del cinegiornale, ma era scandalosa e imbarazzante, Baiocco alle spalle del Duce lo sovrastava di tanto da ridicolizzare la figura del cavalier Benito. Non era possibile mostrare agli italiani un’immagine simile. E così venne dato ordine di manipolare il video cancellandone l’intruso. Detto fatto. Nel pallido video di quella storica giornata, la figura di Baiocco infatti non appare.
Quale delusione per il camerata Baiocco quando, rivedendo quelle immagini incriminate, non si rivide. Un disappunto che liquidò con “porca miseria, un ci sugnu cchiù !”.
Buongiorno, ho letto quanto sopra e mi corre l’obbligo di fare qualche precisazione probabilmente utile a fare un quadro quanto più veritiero possibile. Per quanto attiene l’attività, come Lei giustamente asserisce, aveva a che fare con il commercio, infatti insieme al padre ed al fratello erano titolari di un deposito di ammasso di granaglie, che, sicuramente non li faceva navigare nell’oro, ma che gli consentiva comunque di mantenere più che dignitosamente la propria famiglia. Circa l’abitazione mi risulta che abbia sempre abitato in un appartamento (di cui ricordo ancora gli affreschi sui tetti) in via Roma situato al terzo piano del palazzo che sorgeva sopra il glorioso caffè Castiglione. Circa le dimensioni “elefantiache” della moglie e della sua scarsa disponibilità a dare una mano nei lavori domestici, tengo a precisare che questo, chiamiamolo appesantimento della signora, era avvenuto tra l’altro in età molto matura ed era dovuto principalmente ad una grossa ernia che non aveva mai voluto operare. Ricordo inoltre che la signora, famosa per le sue doti culinarie, pensava esclusivamente alla cucina della casa. Per quanto riguarda il titolo, che non era quello di cavaliere ma quello di commendatore, era un semplicissimo titolo di quelli che vengono concessi dalla Presidenza della Repubblica e di cui molto gelosamente ne teneva incorniciata la pergamena. Infine sull’episodio di Mussolini, da quello che ho sempre saputo attraverso i suoi racconti e attraverso quelli di amici molto vicini alla famiglia, è vero che fu l’unico affacciato al balcone insieme a Mussolini ma credo che non abbia steso mai nessuno per guadagnare la posizione.
Cordialmente
La ringrazio per questo suo intervento, molto puntuale; la mia intenzione, l’avrà capito, era mettere in evidenza una figura che meritava rispetto e attenzione per la sua generosità e la sua bonomia, quindi grande considerazione per la figura. Naturalmente, visto anche il taglio letterario, mio sono concesso, per metterne ancor più in risalto la figura, qualche licenza creativa.
Confermo, perchè ho conosciuto personalmente il summenzionato ” commendatore ” Beniamino Nuara, inteso “Baiocco”, soprannome affettuosamente appiccicatogli dai compaesani, per una sua, diciamo così, particolare attenzione al danaro che si procacciava anche, oltre che con il commercio, aiutando la gente a risolvere problemi di varia natura, avvalendosi della sua indubbia capacità comunicativa e sfruttando conoscenze personali che metteva a disposizione di quanti ne avessero bisogno. Con modo di dire moderno, lo si potrebbe definire un” faccendiere “, ma nell’accezione più buona del termine! Tutte vere le precisazioni del nipote Beniamino, mentre semplicemente, da fonte attendibilissima, si trattò di essere riuscito ad intrufolato abilmente sul balcone delle autorità che facevano da cornice a Mussolini. Non ho sentito nè visto citare uno dei suoi assiomi preferiti che così recitava: ! Questo la dice lunga su un personaggio fondamentalmente degno di essere annoverato nella memoria collettiva della nostra comunità.
Confermo, perchè ho conosciuto personalmente il summenzionato ” commendatore ” Beniamino Nuara, inteso “Baiocco”, soprannome affettuosamente appiccicatogli dai compaesani, per una sua, diciamo così, particolare attenzione al danaro che si procacciava anche, oltre che con il commercio, aiutando la gente a risolvere problemi di varia natura, avvalendosi della sua indubbia capacità comunicativa e sfruttando conoscenze personali che metteva a disposizione di quanti ne avessero bisogno. Con modo di dire moderno, lo si potrebbe definire un” faccendiere “, ma nell’accezione più buona del termine! Tutte vere le precisazioni del nipote Beniamino, mentre semplicemente, da fonte attendibilissima, si trattò di essere riuscito ad intrufolarsi abilmente sul balcone delle autorità che facevano da cornice a Mussolini. Non ho sentito nè visto citare uno dei suoi assiomi preferiti che così recitava:
! Questo la dice lunga su un personaggio fondamentalmente degno di essere annoverato nella memoria collettiva della nostra comunità.