di Gabriele Bonafede
Paura e attrazione per la propria ombra. Ombra fedele, scacciata via, deplorata eppure amata. Dimenticata e poi ritrovata. L’ombra di Palermo, l’ombra degli ultimi che sono anche i primi. E primi lo erano, e lo sono ancora, i personaggi di Scaldati raccolti dal ventre popolare di Palermo.
Ombra è Palermo, sfumata in sogni tra il vivere e il dormire, così trascinanti da non poterli definire. Questo è Scaldati che rivive con Melino, allievo e amico al poeta della vita che era Franco. Una vita di Palermo, un’esistenza di vicoli e di taverne, di travestiti e ubriachi. Ubriachi più di vita che di vino di quartiere.
Melino Imparato, tornato in scena al Garibaldi con È la terra un’unica finestra a regia di Matteo Bavera, accompagna per mano a riconoscerci: da dove veniamo, dove andiamo, nel nulla e nel tutto, nel percorso circolare e senza fine del cogito-ergo-sum. Cogito, ubriaco o meno, in sogno o in veglia, ultimo o primo, non importa.
Mai vile, sempre qui nella scena del perdente, intestardito nel dovere-avere del campare, nel volere a tutti i costi consegnare una lettera a chi non c’è, il “personaggio” primo-e-ultimo nella Palermo dimenticata appare e scompare con il verso a se stesso e al mondo. Chiede soldi per poi buttarli in cose inutili e che non esistono. Si aggrappa all’amore, anche quello che non c’è. Si fa turlupinare e accetta tutto, anche quando va per fregare e viene fregato. Isti pi futtiri e fusti futtuto, curnutu e immiruto, cornuto e gobbo è. E lo sa.
Rovinato, ucciso, riportato in vita dal sogno, l’ultimo, il personaggio del disincanto che crea l’incanto.
Il Sarto, com’era chiamato Scaldati, è e sarà sempre un fiume di sensazioni cucite in versi. Melino Imparato lo sa, e lo traspone nel dormiveglia che è scena e azione: come se fosse una cellula nel brodo primordiale, il girino che nuota crescendo a metamorfosi, uomo che nasce dal profondo. Non solo Bukowski e poesia dell’interiore, pugno nudo nel cuore dell’anima, ma gigante riflessione sull’essere e sull’universo a partire dal pertuso di un vicolo, dalle balate di billiemi a Borgo Vecchio o all’Albergheria. E gli angeli che li vivono.
Scaldati non fa solo poesia. La ispira. Anche ai più fetidi e aridi finanzieri. Riportando concretezza ai numeri astratti, bellezza al debito, arte ai conti di strada, pittura alla riffa per rubare, rima chiara alla morte, contentezza alla disperazione.
Melino Imparato, come i personaggi di Scaldati, non è solo sulla scena calpestata del popolo palermitano. Tutto l’intorno c’è. Basta un solo attore. Ed è Salvatore Pizzillo a realizzarne tanti in uno solo. A colmare la reale leggerezza del pesante vicolo di afflizione. Spalla del conforto e dispensatore di sofferenze, complice di furti, nell’amore e nel denaro, nelle speranze e nelle delusioni: il mondo intorno a se stessi. È la terra che non gira intorno al sole, ma intorno a noi insieme a Illuminata, la luna.
Palermo è la Terra e Scaldati ne apre la finestra.
Μέτοικοςmeteci scena europea/scena del mediterraneo
mar 5 / mer 6 gennaio ore 21.00
al Teatro Garibaldi di Palermo alla Kalsa
È LA TERRA UN’UNICA FINESTRA di Franco Scaldati
regia Matteo Bavera
elementi scenici e costumi Mela Dell’Erba
con Melino Imparato e Salvatore Pizzillo
luci Marianda Geloso
una produzione TEATRO GARIBALDI di PALERMO alla KALSA
INGRESSO LIBERO fino ad esaurimento posti