Sono passate un paio di settimane dal debutto di Verso Medea, spettacolo di Emma Dante al Biondo, e il Teatro Garibaldi di Palermo risponde con una Medèe particolare che è stata in scena al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi.
La Médée, o Medea, di Luigi Cherubini con regia e adattamento del polacco Krzysztof Warlikowski, direttore d’Orchestra Christophe Rousset, e con Nadja Michael, potrà essere vista dal pubblico di Palermo in un lungo quanto affascinante video di Stephan Metge, nello stupendo scenario del Teatro Garibaldi lunedì 28 dicembre alle 21.00 con ingresso libero.
Giasone, alla ricerca dell’oro della Colchide, ha incontrato Medea nel suo paese natale. Sulle rive del Mar Nero lei, follemente innamorata di lui, lo aiuta a rubare il celebre ” Vello d’Oro “ tradendo così il proprio paese, da dove parte con Giasone per una terra straniera, la Grecia. Lì, voci infamanti cominciano a circolare su di lei. Il tradimento della sua nazione, l’uccisione del fratello e altri assassini per aiutare Giasone. Dal canto suo Giasone si lascia irretire da queste voci e cerca di costruirsi una nuova vita sposando Dircea La figlia di Creonte e portando con se i figli suoi e di Medea.
L’opera inizia con i preparativi del matrimonio tra Giasone e la figlia del re di Tebe. Ma subito Warlikowski fa esplodere il racconto e l’opera. Nel preludio a sipario di ferro chiuso i giovani figli già insultano pesantemente la matrigna. Con immagini e frasi di oggi riempiono i muri di insulti sessuali contro la futura matrigna.
Il coro di donne da budoir, tutte in vestaglia e reggicalze chiare, come la futura sposa, segna il riconoscimento del popolo di Tebe e la distanza da Medea sempre in nero. La Medea di Warlikowski è, oltre che una memorabile prova musicale, un’incredibile magia degli attori/cantanti che vi prendono parte. Il cantante d’opera che diviene anche un grande attore ci richiama solo a Chéreau e ad altre sue messinscene di teatro musicale.
Tutto il dolore e l’emarginazione di Medea sono ininterrottamente davanti a noi, dalla sue prima entrata. L’uccisione dei ragazzi avverrà fuori scena, come nelle regole della tragedia greca, e solo i loro pigiami macchiati di rosso, diventati grembo materno, segneranno con misura lancinante l’orrore di queste morti.
Il vello d’oro, il denaro, è qui un teschio umano coronato d’oro e argento, il motivo delle distruzioni di prima e di ora. Ma questo simbolo, come ci ha già ricordato Pasolini, sembra non avere alcun effetto benefico sulla nuova nazione che lo ha sottratto, mentre forse in Colchide acquistava un senso almeno religioso e non di potere. Credo che in questa Medea così selvaggia, posseduta e determinata ci sia un po’ l’Europa di oggi con le sue regole bancarie e di immigrazione, necessaria economicamente, o disperata e priva di umanità. E forse la pazzia assassina di Medea è la stessa delle nostre strade.