di Gabriele Bonafede
(già pubblicato il 6 dicembre 2013 e aggiornato l’8 aprile 2019)
Sono passati cinquant’anni dall’uscita nelle sale cinematografiche del film “Il Gattopardo” e qualche anno in più dalla pubblicazione del romanzo. Palermo si accinge, a partire da oggi, a celebrare il cinquantenario di un film epocale con un percorso di manifestazioni culturali dal titolo “C’era una volta in Sicilia: I 50 anni del Gattopardo” del quale abbiamo pubblicato il programma dettagliato.
Se c’è una persona che rappresenta l’eredità materiale e culturale di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, questi è il figlio adottivo, Gioacchino Lanza Tomasi di Lampedusa che ha custodito non solo il patrimonio culturale in termini di documentazione storica, ma anche i luoghi e la memoria personale.
Proprio in questi giorni in Inghilterra è stata pubblicata una nuova versione della “Biografia per immagini” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa curata da Gioacchino Lanza, dal titolo “A biography through images”, con una prefazione di David Gilmour, lo storico inglese autore della biografia più accreditata sullo scrittore, dal titolo “L’ultimo Gattopardo”.
Abbiamo dunque raggiunto Gioacchino Lanza Tomasi nella dimora storica dove vive, e dove ha vissuto lo stesso romanziere gli ultimi anni della vita, per dialogare sull’attualità, oggi, nei temi e nelle riflessioni del Gattopardo-romanzo e del Gattopardo-film in Sicilia e in Europa.
Cosa c’è di attuale, a mezzo secolo di distanza, nel romanzo e nel film?
Le due opere, quella scritta e quella cinematografica, sono tra loro differenti. Anche perché i media sono differenti. Il romanzo ha una narrazione criptata che ha risonanze che possono portare anche ad alcuni equivoci, i quali continuano ancora oggi. Il successo del romanzo è stato alimentato da altri scrittori nel tempo, e continua ad esserlo ancora da scrittori spagnoli e israeliani, i quali attraverso la tecnica narrativa del Gattopardo, che è totalmente diversa dal romanzo ottocentesco, hanno potuto mantenere la formula romanzo storico pur scrivendo romanzi contemporanei. Il film invece, come avviene sovente nel cinema, è molto più esplicito. Non è fatto da una serie di strati di comprensione. Il che, per esempio, è analizzato nel recente libro sul Gattopardo di Alberto Anile (Operazione Gattopardo. Come Visconti trasformò un romanzo di «destra» in un successo di «sinistra») che ha avuto una discreta attenzione. Ad esempio, si è detto al proposito del finale con la fucilazione da parte dell’esercito regio-piemontese che si tratta di un’aggiunta rispetto al romanzo: ma questa non è per nulla un’invenzione di Visconti. Se si dice questo, significa dire che non è stato letto dal Gattopardo, laddove invece c’è un chiaro riferimento quando il colonello Pallavicini prende congedo e ci sono le parole “adesso voi oserete”. Il romanzo lascia intendere dunque che Pallavicini aveva “una missione da compiere”. Lui, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, non spiattella mai davanti i vari livelli di comprensione. Non è un invenzione di Visconti, che invece la comprende e la rende esplicita nel finale del film.
Il romanzo è ancora valido per alcuni di questi “strati” di lettura?
Per qualsiasi uomo che ha una cultura, che non è la conoscenza di migliaia di cose, la lettura del Gattopardo ha elaborato una genetica del romanzo che è molto moderna e che dipende molto dalla psicoanalisi. Il cuore del romanzo sta nell’accettazione che la storia dell’umanità è una storia degli affetti: i dati sensibili e traumatici sono ciò che distingue l’essere dalla storia degli altri esseri viventi. È la parte, se così possiamo dire, “divina” dell’uomo. Puoi pensare che resti come fatto storico della specie. Infatti il romanzo non è costruito sulla “verità oggettiva” storica, ma è spesso una verità “falsa”: sono “verità” soggettive, ovvero viste attraverso il soggettivismo. Tutti gli scrittori contemporanei fanno dunque i conti con il Gattopardo su questo piano.
Quali insegnamenti storico-politici per la Sicilia di oggi?
Se lo applichiamo alla verità storica, all’aspetto storico della situazione siciliana, il momento più politico è, per tutti, l’incontro tra il Principe di Salina e Chevallier, sia nel film, sia nel romanzo. Anche se è importante su questo strato di comprensione, pure l’episodio di Pallavicini, come detto.
Sicuramente, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, attraverso Salina, vede il futuro del “sempre” che poi sono i 200 anni del declino prevedibile della propria classe dirigente, e della Sicilia nel complesso. Ma non per questo è un romanzo pessimista, anzi. Direi che era stato addirittura ottimista: noi siamo andati oltre le previsioni pessimiste del romanzo e del film, perché la condizione culturale e civile di oggi è quella del tempo delle barbarie e non delle iene e degli sciacalli, come narrato da romanzo e film. La civiltà dell’illuminismo, modello sia di Lampedusa sia del suo personaggio, è stata completamente distrutta. Penso che addirittura siamo arrivati a una situazione precedente al funzionamento degli Stati: un’involuzione che è evidente soprattutto in Sicilia e in Italia. Nell’Egitto antico la burocrazia (anche se di casta) esisteva. Oggi la burocrazia è il clan: i parenti, il nepotismo, gli amici del clan. Il sistema della legge elettorale di oggi è il sistema del clan: praticamente quello “tribale”.
Vale anche per l’Europa? Quali insegnamenti storico-politici suggerisce ancora oggi il Gattopardo all’Europa?
Lampedusa ha questa ammirazione sconfinata per quello che è stata la civiltà europea occidentale. Lui vedeva nell’illuminismo quello che era stato l’apice della civiltà umana. Che poi è alla base anche di quella americana: questa idea non della religione ma delle Law Schools che riescono a stabilire un patto sociale che sia digeribile da tutti. In Europa, contrariamente all’Italia, se ne parla. L’Italia, invece, sta uscendo dalla società liberale, dall’illuminismo. In Europa la scuola illuminista è ancora avvertita. Sintomaticamente, in Germania un politico che ha fatto un mutuo agevolato in quanto politico si dimette, in Italia si fa di peggio senza che un politico sia sfiorato dall’idea di dimettersi.
Quanto c’è di “gattopardesco” nella politica siciliana di oggi?
Gattopardesco, ha sostituito il termine precedente di gesuitico e cioè: un comportamento difforme e opportunista. Anche quello è stato sostituito. La politica d’opportunismo presuppone che se tu parli di un opportunista, chi lo è sa che non dovrebbe esserlo. Insomma, c’è un’etica di fondo anche nella definizione di “opportunista”, “gesuitico” o “gattopardesco”. Oggi molti politici italiani sono addirittura sorpresi nel fare cose illecite, ben più gravi, sul piano etico, dell’opportunismo. Questi atteggiamenti, in Italia, si sviluppano molto a partire dagli anni ’80 del XX secolo. In quegli anni ci fu una progressione geometrica. Oggi ci sono delle persone che non puoi dire che sono amorali: sono premorali, l’amorale, e anche l’opportunista, il gattopardesco, sa che c’è una morale, il premorale non lo sa.
E quanto c’è di “gattopardesco” nella politica europea di oggi?
La crisi economica non è tutto. Ad esempio, la Spagna arriva alla democrazia tardissimo, ma ha una classe dirigente. C’è una forza interna. Quindi l’Europa nel complesso è molto meno gattopardesca.
Alexandra Tomasi Wolff von Stomersee, principessa di Lampedusa, portò la psicoanalisi in Italia e in Sicilia nel secondo dopoguerra Un ricordo di Giuseppe Tomasi oggi?. Oppure un ricordo della moglie, e quanto c’è nel romanzo “Il Gattopardo” (e forse anche nel film) da parte di Alexandra Wolff von Stomersee, prima psicanalista-donna in Italia?
Lui non era stato analizzato. Né da lei, né da altri. Anche perché, altri non ce n’erano in Italia. In Italia, a quell’epoca, ce n’erano sette, dei quali esercitavano solo in quattro. La società italiana di psicanalisi (Spi) fu creata, allora, da sette persone, riunite da Weiss, di questi i “didatti” erano quattro: Weiss, Servadio, Perrotti e Musatti. Poi come quinta c’è Alexandra. Gli altri due, su sette, erano dei sostenitori. La conoscenza della psicoanalisi da parte di Lampedusa, che conosceva dal trattato di Musatti che è ancora un bel testo, permea la sua idea del mondo. Si pensa che molte cose fossero fatte a tavolino (inizia il romanzo con il modello dell’Ulysses di Joyce, e cioè in un tempo narrato di 24 ore), ma poi cambiò idea. E allora il romanzo diventa l’adattare un quadro storico agli eventi contemporanei della sua vita. Ad esempio, Lampedusa aveva visto, nel plebiscito, anche le sue esperienze del referendum sulla monarchia, e li ha adattati a un quadro diverso.
Cosa direbbe Giuseppe Tomasi di Lampedusa della Sicilia di oggi?
Lui avrebbe continuato a scrivere. Aveva intenzione di scrivere. Parlava riferendosi a Balzac. Un antefatto vero è anche Verga, che ha scritto due romanzi legati tra loro. Lampedusa aveva proseguito su questa linea con Lighea, ad esempio, dove i personaggi si sovrappongono ed esistono in altri racconti.
Insomma aveva iniziato a creare il “villaggio” del suo mondo narrativo, malgrado la delusione del rifiuto.
Dove vende di più, ancora oggi, il romanzo e qual è la percezione del romanzo e della Sicilia?
Quando ho preso l’agente americano rifacendo l’edizione nuova con le aggiunte, il romanzo ha avuto una nuova gioventù. Adesso in parte diminuirà, ma ancora oggi, per esempio, in Giappone è stato ricomprato. Loro, dopo cinquant’anni anziché settanta, possono stampare senza pagare i diritti, ma hanno ugualmente comprato una licenza per pubblicare una nuova edizione. I luoghi dove il romanzo, nelle edizioni nuove, fa ancora scalpore sono il Giappone e l’Israele.