di Diego Giuffrè
“In gioco è il futuro del pianeta” è quanto afferma il presidente francese François Hollande all’apertura a Parigi del vertice mondiale dell’ONU sul clima Cop21. Ma quante volte moniti e avvertenze hanno fatto gridare all’emergenza, al rischio più o meno imminente ed alla necessità di mettere in atto politiche e misure (su cui si è dibattuto per decenni) che potessero davvero mettere un freno ad un sempre maggiore deterioramento della situazione climatico/ambientale del nostro pianeta.
Si direbbe quasi che l’accordo sul clima incontri sempre delle resistenze “ignote” per il suo raggiungimento. Da qui solito dibattito sulla necessità di porre l’accordo finale su base volontaria di ogni Paese più che vincolante. Ovviamente, pur non partecipando in prima persona, sono sempre le maggiori lobby a dettare le direttive (interessi economici), sempre a scapito della tutela del pianeta.
Centocinquanta capi di Stato e di Governo sono oggi riuniti al centro congressi di Le Bourget, periferia parigina, per discutere ancora una volta sul futuro dell’umanità. Ed ancora una volta, l’attenzione viene spostata su incontri (scontri) collaterali dove i principali leader mondiali affrontano temi a loro cari, economia e supremazia sui mercati.
Così come il presidente americano Barack Obama, dopo il mea culpa per essere un dei maggiori responsabili del rilascio di emissioni di carbone (pari al 16% a livello globale), non tarda ad incontrare il suo omologo cinese, il presidente Xi Jinping (dove la Cina è responsabile per oltre il 30% delle emissioni globali), ed entrambi dichiarano, non certamente per la prima volta, d’impegnarsi nella lotta contro l’inquinamento.
Ciò che indubbiamente porterebbe a riflettere è l’enorme quantità di fondi stanziati per superare i problemi legati al clima. Cifre che come quelle annunciate al vertice di Parigi (solo 51 milioni di dollari destinati al fondo per l’aiuto ai Paesi più poveri nella lotta contro i cambiamenti climatici) rimangono marginali se paragonate a quelle disposte dai maggiori produttori economici. Quasi un modo per mostrarsi in prima linea nella salvaguardia del pianeta, ed in ombra favorire i propri interessi.
Non di secondo rilievo è l’ormai crescente deterioramento dei rapporti tra Russia e Turchia, e l’inasprimento dei rapporti tra il presidente russo Vladimir Putin ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, tra i quali non è previsto alcun incontro bilaterale ai margini del vertice.
Tutti i paesi partecipanti al vertice hanno già mostrato il loro impegno a ridurre le fonti d’inquinamento, secondo i programmi presentati (ovvero il contenimento dell’aumento della temperatura di 1,5-2 gradi). Ma, come sempre annunciato e di rado verificato, il successo del vertice si potrà appurare solo in seguito al riconoscimento di un accordo formale ed unilaterale di cui ogni Paese dovrà farsi carico. Tale accordo dovrebbe tracciare regole e vincoli (anche tramite forti sanzioni) per l’abbassamento delle emissioni, affinché paesi sviluppati ed in via di sviluppo possano garantire quella sicurezza e garanzia sul destino delle future generazioni che è stato più e più volte discusso senza un reale effetto sulla salute del pianeta.