di Pasquale Hamel
Nonostante le tante e profonde contraddizioni che spesso ne lacerano il volto, nonostante il poco senso civico che accomuna molti dei suoi abitanti, nonostante una sorta di rifiuto del passato tipico di chi vive solo l’angosciante presente, Palermo resta una città meravigliosa carica di storia e di storie singolari legate, soprattutto, alle innumerevoli testimonianze artistiche e architettoniche che ne segnano indelebilmente il tessuto urbano.
Raccontare Palermo è un po’ come raccontare la storia della civilizzazione mediterranea, e non solo, ma è anche un richiamo ai sentimenti, al vibrare delle corde affettive. “Palermo in un romanzo” (Edizioni Spazio Cultura) è proprio questo, un racconto intenso di una memoria che diventa percorso dell’anima e che Emanuele Drago, da novello epico cantore, ci offre con una scrittura agile e accattivante giocata su un crinale che incrocia la didascalica prosa del saggio e la passionale poesia dell’incanto.
Così, questa ponderosa fatica letteraria di Drago, si tratta di oltre quattrocento pagine, potrebbe fungere, e sicuramente l’autore vi avrà pensato, da guida utile e colta, e non fredda come quelle che spesso sono in circolazione, per inoltrarsi in un labirinto complesso ed articolato delle tante vestigia che contraddistinguono, quali “soste” ineludibili, la trama complessa della città.
Ma proprio per il carattere di creazione dello spirito è, essa stessa, ad un tempo strumento sufficiente per vivere intensamente quelle emozioni che le stesse vestigia normalmente regalano allo sguardo del visitatore.
Un romanzo, questo, per certi aspetti, non romanzo, un’opera che richiama “le grand tour” che tra la fine del settecento e per tutto l’ottocento, intellettuali o semplicemente giovani borghesi o aristocratici compivano in terre lontane perché cariche di segni della storia e di “pittoreschi” costumi e stili di vita. Un libro che, e lo dico con sincera partecipazione che, soprattutto, ogni palermitano dovrebbe curarsi di leggere e meditare, se non altro per conoscere la propria così poco chiara identità.
Da segnalare, a implementazione dello stesso volume, l’appassionata e colta lettera che lo scrittore Biagio Balistreri indirizza all’autore nonché la grafica particolarmente curata con una bellissima immagine di copertina, che riproduce una tempera del pittore Walter Buscarini.