di Gabriele Bonafede
Noi lettori e cinefili abbiamo le nostre opinioni. Personalmente, credo che un buon film è tale come lo è un buon romanzo: quando propone almeno un paio di piani di lettura. Quando propone più di due piani di lettura finisce d’essere un buon film, o un buon romanzo, e diventa un bel film o un bel romanzo. E può essere candidato a diventare di più. Quel qualcosa in più che apre la strada a nuove letture, a nuove visioni.
È il caso di “A Bigger Splash” di Luca Guadagnino che è certamente un bel film. E lo è anche per il palese rifiuto del regista a realizzare un remake di La piscine (1969) di Jacques Deray, ma qualcosa di più. Certo, c’è nel film ciò che il regista stesso dichiara: “La piscine era antitetico rispetto a quel momento storico. Ma parlava di desiderio, di quattro persone chiuse in una stanza mentale che è la villa in cui si svolge l’azione. Di temi che mi attraggono: la rinuncia, il rifiuto, la violenza nei rapporti tra le persone.”
Violenza? Non necessariamente fisica. Il che rappresenta già un ulteriore tratto di raffinatezza, se non bastassero colore e atmosfera.
E come il regista si era proposto, il film monta, scala la montagna. E va un poco più in là. Un bel po’ a dire il vero. Monta, lentamente, ma monta. E cresce tra corpo e tensione, tra vento e polvere. Viaggia nel crescendo delle quattro persone chiuse in una stanza mentale ma aperte ai capogiri di un’estate pantesca. Porta in quell’ombelico del paradiso fatto di rocce, mare, sole e dammusi che è Pantelleria, persino oggi. Persino con un vero amico rompicoglioni alle costole che fa di tutto per rovinarti la vita oltre alla vacanza. Cresce l’azione, e l’interazione, dentro e fuori la corsa pazza dei protagonisti verso il “prevedibile” epilogo.
Prevedibile? Ma no! Quello non è l’epilogo, anzi. Apre la strada ai veri nodi del racconto, facendo ricordare tutto il film appena terminato in almeno un altro piano di lettura. Sociale? Politico? Intimo? Culturale? Comportamentale? Mentale? Burlesco? Persino “camilleresco”? Decidete voi. Ma per prendere questa decisione, mi perdoni il grande La Palisse, è rilevante andare a vederlo. E ascoltarlo.
Un inciso. Durante la visione, potrebbe venir voglia di rivedere “Che?” (1972) di Roman Polanski. Ma qui siamo su un piano di lettura assolutamente iperbolico, da cinefilo maturo per lo psicologo.
Articolo pubblicato anche su “Il quotidiano di Palermo” https://ilquotidianodipalermo.wordpress.com/2015/11/24/a-bigger-splash-dove-finisce-un-buon-romanzo-e-inizia-un-bel-film/